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Per la riconvenzionale, in RCA, occorre la richiesta danni all'assicurazione, anche se si agisce contro il solo proprietario (Cassazione 22597/09)

Materia: Cassazione - Fonte: Cassazione - 04.12.2009
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Abstract: Ancora una volta ribadito l'orientamento sancito dalle Sezioni Unite nel 1991 (sentenza riportata in calce) che vale peraltro anche nel caso di domanda rivolta contro il proprietario ex art. 2054 c.c.. Podcast disponibile per l'ascolto o il download.

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..."deve concludersi per l'ampia operatività dell'art. 22 della legge n. 990 del 1969 e per l'enunciazione del seguente principio: in tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione a norma della legge n. 990 del 1969, è improponibile la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto che non abbia preventivamente inviato all'assicuratore dell'attore la richiesta di risarcimento prevista dall'art. 22 della stessa legge".

 

Così le Sezioni Unite con la pronuncia 12006/91 (riportata per esteso qui sotto, di seguito alla recente sentenza n. 22597/09).

 

In tale decisione le Sezioni Unite, vale la pena ricordarlo, hanno operato una scelta tra i due indirizzi che, sino a quel momento, avevano diviso dottrina e giurisprudenza, l'uno, poi sconfessato, secondo cui la domanda riconvenzionale non necessitava della previa lettera di richiesta di risarcimento del danno all'assicurazione e l'altro, risultato alla fine "vincitore", secondo cui la richiesta era invece condizione di procedibilità della domanda, al pari di quanto richiesto se la domanda fosse stata svolta, anzichè in via riconvenzionale, quale domanda  principale.

 

Venuto meno l'articolo 22 della legge 990/69, non è però venuto meno il problema, in virtù di quanto disposto dall'articolo 145 del codice delle assicurazioni, che recita:

 

1. Nel caso si applichi la procedura di cui all’articolo 148, l'azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all’impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti all’articolo 148.
2. Nel caso in cui si applichi la procedura di cui all’articolo 149 l'azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto alla propria impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, inviata per conoscenza all’impresa di assicurazione dell’altro veicolo coinvolto, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti dagli articoli 149 e 150.

 

Dunque, quanto sancito riferendosi al vecchio art.22 vale ora per il vigente art. 145.

 

E la Cassazione, nella recente pronuncia 22597/09, decide per l'ennesima volta alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte (successiva a Cass. s.u. 12006 del 1991), ribadendo che

 

l'art. 22 di tale legge, [ora da leggersi, come ricordato, art.145 d. lgs. 209/05, n.d.s] il quale subordina la proponibilità dell'azione risarcitoria, inclusa quella formulata soltanto contro il responsabile, alla richiesta del danno all'assicuratore, nonchè al decorso di sessanta giorni da tale richiesta, trova applicazione - tenendo conto del difetto di espresse limitazioni e della "ratio" della disposizione medesima (favore per il soddisfacimento stragiudiziale delle istanze di risarcimento) - anche con riguardo alla domanda riconvenzionale, avanzata dal convenuto che assuma a sua volta - la responsabilità, esclusiva o concorrente, dell'attore (Cass. 1513 del 1993, 4411 del 1993, 10413 del 1994, 12189 del 2006).

 

In particolare, poi viene ribadito che l'invio della richiesta danni alla compagnia assicurativa

 

costituisce condizione di proponibilità della domanda risarcitoria la cui mancanza è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, trattando.

 

E se ci fossero ancora dubbi,

 

la condizione di proponibilità della domanda, costituita dall'assolvimento dell'onere della richiesta con raccomandata nei confronti dell'assicuratore ... opera sia nel caso di azione diretta, ai sensi dell'art. 18 della legge suddetta, [ora da leggersi art. 144 d.lgs. 209/05, n.d.s.] che nella ipotesi di azione di responsabilità aquiliana, a norma dell'art. 2054 cod. civ..

 

Anche questa parte della pronuncia, peraltro non è nuova giacche già nella decisione delle Sezioni Unite leggiamo che

 

l'adempimento previsto dall'art. 22 non riguarda soltanto la cosiddetta azione diretta contro l'assicuratore del responsabile (ex art. 18 della stessa legge n. 990 del 1969), ma anche quella esercitabile contro il solo responsabile ai sensi degli articoli 2043 e 2054 c.c. (cfr. Cass. 10 maggio 1978 n. 2262; Cass. 23 giugno 1984 n. 3693 ed altre conformi). Ciò per l'innegabile intreccio delle posizioni giuridiche e le interferenze dei relativi rapporti che fanno emergere lo stesso interesse tutelato dalla legge.

 

In conclusione, meglio ribadirlo una volta di più, l'invio della richiesta danni, oltretutto con le formalità (a dire il vero, a giudizio dello scrivente, che rasentano la vessatorietà in taluni aspetti) richieste dal codice delle assicurazioni è sempre e comunque condizione di procedibilità, sia che la domanda sia svolta dall'attore che dal convenuto in sede riconvenzionale.

 

Per dirla con un noto spot: no richiesta, no domanda! (e no risarcimento...)

 

Renato Savoia

 

* * * 

 

 Cass. civ. Sez. III, 26-10-2009, n. 22597

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario - Presidente

Dott. FILADORO Camillo - rel. Consigliere

Dott. UCCELLA Fulvio - Consigliere

Dott. LANZILLO Raffaella - Consigliere

Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 167/2005 proposto da:

***** ASSICURAZIONI, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, rappresentato e difeso dall'avvocato *****, giusta mandato a margine del ricorso; - ricorrente -

contro

*****, *****, *****SPA;- intimati -

avverso la sentenza n. 3 916/2004 della GIUDICE DI PACE di NAPOLI, emessa il 20/01/2004,depositata il 23/01/2004; R.G.N. 54681;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/09/2009 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

lette le conclusioni scritte dal Sost. Proc. Gen. Dott. Antonietta Carestia, che ha chiesto l'accoglimento del primo motivo del ricorso, dichiarando assorbiti gli altri motivi.

Svolgimento del processo

*****, società mutua di assicurazioni ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione del Giudice di pace di Napoli del 20-23 gennaio 2004 che ha dichiarato il pari concorso di colpa dei due conducenti ***** e ***** in ordine all'incidente stradale del ***** ed ha condannato attrice e convenuta (in solido con le rispettive compagnie di assicurazione) al risarcimento della metà dei danni subiti dalle rispettive vetture.

Il ricorso si articola in quattro, distinti motivi.

Le altre parti non hanno svolto difese.

Il Procuratore Generale ha concluso per l'accoglimento del primo motivo di ricorso.

Motivi della decisione

Appare assorbente l'esame del primo motivo di ricorso con il quale la compagnia di assicurazione ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, art. 22, rilevando che la convenuta ***** non aveva provveduto, a sua volta, ad inviare la richiesta di risarcimento del danno alla compagnia di assicurazione dell'attrice *****, proponendo direttamente domanda riconvenzionale nei confronti della stessa attrice (la compagnia di assicurazione ***** era stata chiamata in estensione della domanda riconvenzionale di danni nei confronti della *****, così come si desume dalla sua formulazione letterale).

Il motivo è fondato alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte (successiva a Cass. s.u. 12006 del 1991), secondo la quale nell'ambito della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti, per i quali vi è l'obbligo di assicurazione a norma della L. 24 dicembre 1969, n. 990, l'art. 22 di tale legge, il quale subordina la proponibilità dell'azione risarcitoria, inclusa quella formulata soltanto contro il responsabile, alla richiesta del danno all'assicuratore, nonchè al decorso di sessanta giorni da tale richiesta, trova applicazione - tenendo conto del difetto di espresse limitazioni e della "ratio" della disposizione medesima (favore per il soddisfacimento stragiudiziale delle istanze di risarcimento) - anche con riguardo alla domanda riconvenzionale, avanzata dal convenuto che assuma a sua volta - la responsabilità, esclusiva o concorrente, dell'attore (Cass. 1513 del 1993, 4411 del 1993, 10413 del 1994, 12189 del 2006).

A questo riguardo è stato anche di recente ribadito che l'onere imposto al danneggiato dalla L. n. 990 del 1969, art. 22, di richiedere all'assicuratore il risarcimento dei danni almeno sessanta giorni prima di proporre il relativo giudizio, costituisce condizione di proponibilità della domanda risarcitoria la cui mancanza è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, salva la preclusione del giudicato, anche implicito, restando tuttavia escluso che sia obbligo del giudice acquisire "ex officio" la relativa documentazione.

Ne consegue che il relativo mancato rilievo integra "error in procedendo" ed è deducibile con ricorso per cassazione anche contro le pronunzie rese dal giudice di pace secondo equità, attenendo alla tutela del diritto di difesa costituzionalmente protetto ai sensi dell'art. 24 Cost., comma 2, mentre l'equità di tale giudice si riferisce alle sole norme sostanziali. (Cass. n. 18493 del 2006, 12537 del 2007).

Non vi sono ragioni per discostarsi da tale, consolidato, orientamento.

L'accoglimento di tale motivo, con assorbimento di tutte le altre censure (e tra queste anche di quelle riguardanti la validità della polizza assicurativa) determina la cassazione della sentenza impugnata per la sola parte riguardante la condanna dell'***** al pagamento dei danni subiti dalla convenuta, nei limiti dell'accertato, pari, concorso di colpa, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di merito.

La ***** è stata chiamata in giudizio dalla propria assicurata ***** a seguito della domanda riconvenzionale di danni svolta dalla *****, la quale - in sede di conclusioni - ha richiesto la condanna al risarcimento dei danni dell'attrice ed, in via alternativa e solidale, la condanna della *****. Va, infatti, ricordato (anche sotto il profilo dell'art. 363 c.p.c., comma 2) che la condizione di proponibilità della domanda, costituita dall'assolvimento dell'onere della richiesta con raccomandata nei confronti dell'assicuratore secondo la L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (applicabile "ratione temporis"), opera sia nel caso di azione diretta, ai sensi dell'art. 18 della legge suddetta, che nella ipotesi di azione di responsabilità aquiliana, a norma dell'art. 2054 cod. civ..

Infatti detta condizione di proponibilità è posta dalla legge senza distinzione fra le persona contro cui l'azione venga proposta, cumulativamente o singolarmente.

Deve, in linea di principio, essere dichiarata improponibile anche la domanda formulata ai sensi dell'art. 2054 cod. civ., contro il proprietario ed il conducente del veicolo, qualora non sia stata promossa oltre il termine di sessanta giorni dalla richiesta di risarcimento all'assicuratore r.c.a..

L'affermazione di tale principio è priva, tuttavia, di qualsiasi concreta conseguenza nel caso di specie, considerato che nessuna censura è stata rivolta dalla attrice, avverso la sua condanna diretta al pagamento della somma disposta dal primo giudice.

La sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito, la domanda riconvenzionale, svolta nei confronti della *****, deve essere dichiarata improponibile.

Quanto al regolamento delle spese, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra ***** e tutte le altre parti, per l'intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso (assorbiti gli altri).

Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e, decidendo nel merito, dichiara improponibile la domanda svolta nel confronti di *****, compagnia assicuratrice della attrice, dalla convenuta.

Compensa le spese dell'intero giudizio tra ***** e le altre parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2009

 

* * *

 

 

Cass. civ. Sez. Unite, 11-11-1991, n. 12006

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Antonio BRANCACCIO Primo Presidente

" Franco BILE Pres. di Sez.

" Alessandro FALCONE "

" Paolo VERCELLONE Consigliere

" Filippo ANGLANI "

" Giorgio ONNIS "

" Antonio IANNOTTA Rel. "

" Giovanni LONGO "

" Marcello TADDEUCCI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8681/87 del R.G. AA.CC. proposto da

*****, elett.te dom.to in Roma, *****, presso lo studio dell'Avv. ***** che lo rapp.ta e difende giusta delega a margine del ricorso, Ricorrente

contro

*****, elett.te dom.ta in Roma, *****, presso lo studio dell'Avv. *****, che la rapp.ta e difende unitamente all'Avv. *****, giusta delega a margine del controricorso; Controricorrente

Avverso la sentenza del Tribunale di Roma dep. il 1.7.1986;

udita nella pubblica udienza tenutasi il giorno 25.1.1991 la relazione della causa svolta dal Cons. Rel. Dott. Iannotta,

udito l'Avv. *****;

udito il P.M., nella persona del Dott. M. Caristo Avvocato Generale, presso la Corte Suprema di Cassazione che ha concluso per l'accoglimento.

Svolgimento del processo

Con citazione del 20 febbraio 1980 ***** conveniva in giudizio, davanti al Pretore di Roma, ***** chiedendo che quest'ultima fosse condannata al risarcimento dei danni subiti da esso attore a seguito di incidente stradale che assumeva essere stato cagionato dalla convenuta la quale, alla guida della propria autovettura, nell'uscire a marcia indietro da un parcheggio, non si sarebbe avveduta del sopraggiungere dell'autovettura del ***** ed avrebbe quindi dato luogo all'urto fra i due autoveicoli.

La ***** contestava la fondatezza della domanda e spiegava domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni da essa subiti in conseguenza del medesimo incidente.

Il Pretore adito, ritenuta l'esclusiva responsabilità della *****, la condannava al risarcimento dei danni subiti dal ***** (liquidati in L. 182.250 comprensive di svalutazione monetaria) e rigettava la domanda riconvenzionale.

Interponeva appello la *****, la quale, oltre ad insistere nelle eccezioni preliminari di improponibilità della domanda attrice per inosservanza dell'art. 22 della Legge 990 del 1969 e di prescrizione del diritto vantato, chiedeva l'affermazione dell'esclusiva responsabilità del ***** con conseguente rigetto della domanda attrice ed accoglimento della riconvenzionale.

Il Tribunale di Roma, respinte le eccezioni preliminari, riteneva, in parziale accoglimento del gravame, che l'incidente fosse da ascrivere a colpa concorrente di entrambi i conducenti nella misura del 50% ciascuno, provvedendo conseguentemente in ordine alle rispettive domande di risarcimento. Dichiarava compensate le spese di entrambi i gradi.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione il ***** svolgendo quattro motivi di censura.

Ha resistito con controricorso la *****.

Il ricorso è stato assegnato a queste Sezioni Unite per la risoluzione del contrasto giurisprudenziale insorto in ordine ai limiti di applicabilità dell'art. 22 della Legge 990 del 1969.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, denunciando la violazione dell'art. 189 c.p.c., in relazione agli artt. 112 e 167 stesso codice, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto valida la riconvenzionale spiegata dalla *****, nonostante che tale domanda, formulata in primo grado nella comparsa di risposta, non fosse stata poi riproposta in sede di conclusioni e dovesse quindi essere considerata abbandonata.

La censura non ha pregio. Risulta dalla narrativa che precede che il Pretore, giudice di primo grado, affermò la responsabilità esclusiva della ***** per l'incidente verificatosi e rigettò nel merito la domanda riconvenzionale della convenuta, sul presupposto implicito ma chiaro della persistenza di detta domanda inizialmente formulata con la comparsa di costituzione. Tale statuizione implicita avrebbe dovuto formare oggetto di critica da parte dell'interessato *****, il quale, in sede di appello, lungi da denunciare un vizio di ultrapetizione, si limitò a chiedere il rigetto del gravame di controparte. Ne consegue la preclusione della questione in quanto non rilevabile di ufficio.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 22 della legge n. 990 del 1969 addebitando al Tribunale di non aver rilevato l'improponibilità della predetta riconvenzionale derivante dal mancato invio alla compagnia assicuratrice di esso ***** della raccomandata recante la richiesta di risarcimento del danno.

È da premettere che, in tema di assicurazione obbligatoria dei veicoli e dei natanti, la preventiva richiesta di risarcimento, ex art. 22 della legge n. 990 del 1969, costituisce - in conformità del tenore letterale della norma e della interpretazione di questa Corte - una condizione di proponibilità dell'azione giudiziaria (Cass. 3 febbraio 1984 n. 822; 27 febbraio 1987 n. 2108) e quindi una questione rilevabile di ufficio, nella specie non preclusa per la mancanza di espressa decisione nei giudizi di merito.

Ciò posto, va rilevato che la censura in esame impone la verifica dell'ambito di operatività dell'art. 22 della citata legge, ed in particolare l'accertamento della necessaria osservanza o meno dell'onere relativo anche ai fini della domanda riconvenzionale che il convenuto nel giudizio di danno intenda svolgere, sull'assunto di essere stato a sua volta danneggiato.

Il problema, già affrontato dalla III Sezione Civile di questa Corte, non ha trovato una soluzione uniforme essendosi formati sul punto due contrapposti orientamenti.

Un primo indirizzo (segnato dalle sentenze 7 giugno 1974 n. 1718; 28 gennaio 1987 n. 809 e 24 febbraio 1987 n. 1930) ha dato al quesito anzidetto risposta positiva sul duplice rilievo: a) che, essendo la finalità dell'art. 22 quella di favorire nel cosiddetto spatium deliberandi il soddisfacimento stragiudiziale delle pretese risarcitorie, tale finalità è configurabile anche quando esiste già una controversia giudiziaria in atto, posto che l'eventuale proposizione, nell'ambito di detta controversia, di una domanda riconvenzionale, dà luogo all'insorgere di una controversia diversa e distinta, sebbene inserita nel procedimento già pendente; b) che siffatta interpretazione non comporta ingiustificate menomazioni del diritto di difesa del convenuto, quali potrebbero ipotizzarsi in relazione al disposto dell'art. 167 c.p.c. (che impone al convenuto di proporre nella comparsa di risposta tutte le sue difese e le eventuali domande riconvenzionali), tenuto conto che un'eventuale preclusione all'esercizio del diritto in via riconvenzionale scaturisce soltanto dal precedente comportamento negligente dello stesso interessato, il quale, peraltro, rimane libero di agire in separato giudizio del quale potrà essere richiesta la riunione a quello già pendente.

Un secondo indirizzo (espresso nelle sentenze 19 aprile 1983 n. 2717; 29 agosto 1984 n. 4722; 12 dicembre 1986 n. 7412 e 27 febbraio 1987 n. 2108) è giunto a conclusione opposta in forza delle seguenti osservazioni: a) che una volta instauratasi controversia giudiziaria per il risarcimento del danno, ci si trova in presenza di una res ormai litigiosa, per cui l'estensione dell'onere della preventiva richiesta del risarcimento anche alla domanda riconvenzionale risulterebbe del tutto superflua e comporterebbe limitazioni al diritto del convenuto in rapporto alla previsione dell'art. 167 c.p.c.; b) che, mirando la norma in esame ad infrenare la litigiosità e ad evitare, attraverso l'auspicio di un componimento della vicenda, l'aggravio di oneri da spese legali, ove si optasse per l'applicabilità dell'art. 22 anche alla domanda riconvenzionale e quindi per la improponibilità di quest'ultima nel caso di inosservanza dell'onere imposto dalla disposizione legislativa, la finalità perseguita sarebbe elusa per la necessità di proporre due distinti giudizi di cui non sempre sarebbe possibile la riunione, con l'ulteriore pericolo di giudicati contrastanti.

Il rilevato contrasto (che si riscontra anche in dottrina) ha determinato, come già detto, l'assegnazione del ricorso a queste Sezioni Unite.

Per la soluzione del problema è necessario procedere ad una accurata esegesi del testo normativo al fine di precisarne il contenuto precettivo, anche alla luce della relativa ratio, e verificarne la compatibilità con i principi generali del processo.

Il vigente art. 22 della legge n. 990 del 1969 stabilisce che: "l'azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, per i quali a norma della presente legge vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi 60 giorni da quelli in cui il danneggiato abbia chiesto all'assicuratore il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza o, nelle ipotesi previste dall'art. 19, comma 1, lettera a) e b), all'impresa designata a norma dell'art. 20 o all'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, gestione autonoma del Fondo di garanzia per le vittime della strada. Il danneggiato che, nell'ipotesi prevista dall'art. 19, comma 1, lettera a), abbia fatto la richiesta all'impresa designata o all'Istituto predetto, non è tenuto a rinnovare la richiesta stessa qualora successivamente venga identificato l'assicuratore del responsabile".

Dalla semplice lettura della norma risultata evidente come il legislatore abbia posto ai fini dell'azione giudiziaria una duplice condizione: richiesta di risarcimento all'assicuratore del responsabile ed il decorso di 60 giorni da tale richiesta. Ma deve essere soprattutto sottolineato che l'onere è imposto in via generale al "danneggiato" che voglia esperire azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli o dei natanti e non esclusivamente al soggetto che, instaurando il processo, riveste la posizione processuale di attore. Ed azione per il risarcimento è anche quella avanzata in via riconvenzionale dal convenuto che, a sua volta danneggiato, mira ad ottenere un provvedimento positivo a suo favore, il ristoro cioè di un danno diverso da quello già richiesto da controparte.

Dal punto di vista testuale l'art. 22 non offre pertanto appiglio alla tesi che pretende di limitare l'osservanza dell'onere indicato alla sola domanda attrice, essendo la norma diretta a disciplinare, nell'ambito della suddetta assicurazione obbligatoria, le varie azioni di danno al punto da prevedere l'invio della raccomandata anche nei casi di intervento del Fondo di garanzia per le vittime della strada.

L'ampia portata della disposizione è resa più evidente dalla considerazione dello scopo perseguito dal legislatore.

Come già rilevato dalle sentenze riportate innanzi, la finalità dell'art. 22 è quella di favorire, nel cosiddetto spatium deliberandi di 60 giorni, il soddisfacimento stragiudiziale delle istanze di risarcimento, consentendo all'assicuratore di compiere le opportune verifiche in ordine alle modalità del sinistro ed alle relative conseguenze. In tal modo si ottiene inoltre il risultato di diminuire, evitando l'aggravio delle spese giudiziali, il costo complessivo di gestione del servizio assicurativo il cui aumento finirebbe per ripercuotersi negativamente sulla massa degli assicurati attraverso il conseguente inasprimento delle tariffe dei premi.

Ma lo scopo indicato può essere concretamente ed integralmente conseguito se ed in quanto, prima del processo, vengano prospettate le diverse pretese dei danneggiati ed agli assicuratori dei responsabili sia concesso quello spatium deliberandi necessario per una valutazione complessiva del sinistro e per una bonaria definizione dell'intera vicenda.

Proprio nell'ottica della particolare finalità della norma si iscrive l'ulteriore indirizzo giurisprudenziale di questa Corte secondo cui l'adempimento previsto dall'art. 22 non riguarda soltanto la cosiddetta azione diretta contro l'assicuratore del responsabile (ex art. 18 della stessa legge n. 990 del 1969), ma anche quella esercitabile contro il solo responsabile ai sensi degli articoli 2043 e 2054 c.c. (cfr. Cass. 10 maggio 1978 n. 2262; Cass. 23 giugno 1984 n. 3693 ed altre conformi). Ciò per l'innegabile intreccio delle posizioni giuridiche e le interferenze dei relativi rapporti che fanno emergere lo stesso interesse tutelato dalla legge.

La tesi restrittiva di cui al secondo indirizzo giurisprudenziale riportato innanzi mal si concilia quindi con la lettera e la ratio della disposizione, ed ha inoltre l'effetto di determinare un'ingiustificata disparità di trattamento tra i danneggiati, nel senso che solo quello che per primo prende l'iniziativa del processo sarebbe soggetto alla condizione di proponibilità della domanda.

In contrario non giova dedurre che, una volta instaurato il processo da parte del danneggiato attore, l'onere della preventiva richiesta del risarcimento ai fini della domanda riconvenzionale sarebbe superfluo ed anche limitativo per l'esercizio del diritto al risarcimento da parte del convenuto tenuto all'osservanza dell'art. 167 c.p.c., con l'ulteriore conseguenza dell'instaurazione di un distinto giudizio e di un aggravio di quelle spese legali che il legislatore intende evitare.

A siffatte argomentazioni può fondatamente opporsi: a) che l'osservanza della norma in questione e l'utilità relativa vanno riguardate non con riferimento al momento successivo all'instaurazione del giudizio, ma a quello precedente, alla fase stragiudiziale in cui la norma espressamente si colloca; la legge si rivolge infatti al danneggiato dalla circolazione dei veicoli o dei natanti e gli impone di avanzare prima del giudizio richiesta di risarcimento all'assicuratore del responsabile, in vista della possibile composizione stragiudiziale della pretesa, per cui nella fase giudiziale deve essere soltanto verificata l'osservanza o meno della norma e non la possibilità o convenienza di una tardiva applicazione della stessa; b) che non sussiste alcuna menomazione per il diritto al risarcimento del convenuto, in quanto la riconvenzionale è facoltativa e l'interessato può proporre la medesima domanda in un successivo giudizio (che, in quanto possibile, va riunito al primo), mentre le modalità e termini della domanda riconvenzionale non impediscono l'esercizio di idonea difesa rispetto alla domanda attrice al fine di ottenerne il rigetto.

Peraltro, un'eventuale limitazione, così come l'aggravio di un secondo giudizio, scaturirebbe da un'inosservanza imputabile allo stesso danneggiato e non certo da un meccanismo legale incompatibile con le disposizioni regolatrici del processo.

In ogni caso - ed è considerazione di per sé determinante -, nonostante il giudizio già pendente, la richiesta di danno con lettera raccomandata all'assicuratore dell'attore (ad un soggetto non ancora in causa), può ugualmente permettere il conseguimento di un risultato utile attraverso la possibilità di definire bonariamente il diverso danno del convenuto e di escludere in definitiva il secondo giudizio e le relative spese.

L'ampia portata dell'art. 22 della legge n. 990 del 1969, risultante dalle considerazioni fin qui svolte, trova indiretto ma significativo conforto nelle argomentazioni addotte dalla Corte Costituzionale nella sentenza 1° marzo 1973 n. 24.

Nel dichiarare l'infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate con riguardo al citato art. 22, detta Corte, pur non prendendo espressamente posizione in ordine alla soluzione da dare al problema in esame, considerò presupposta, in conformità dell'ordinanza di rimessione, l'interpretazione dell'art. 22 nel senso della sua applicabilità all'azione riconvenzionale e ritenne proprio tale interpretazione compatibile con il dettato costituzionale; aggiunse che la proponibilità della domanda riconvenzionale, indipendentemente dall'osservanza dell'art. 22, avrebbe potuto rilevarsi, con la chiamata in causa dell'assicuratore e la sua condanna, in un ostacolo alla puntuale applicazione dell'art. 27 della stessa legge n. 990 del 1969 che, per l'ipotesi di più danneggiati nello stesso sinistro e di insufficienza del massimale assicurativo, impone specifici accertamenti all'assicuratore al fine di realizzare, attraverso la proporzionale riduzione dei crediti risarcitori, la par condicio dei danneggiati; precisò infine che l'art. 22 doveva intendersi dettato con esclusivo riguardo all'azione di risarcimento del danno in giudizio civile, per cui la improponibilità della domanda non preceduta dalla richiesta di risarcimento non creava limitazioni o impedimenti all'esercizio immediato dell'azione civile nel processo penale.

Depone a favore dell'ampia applicazione della norma l'ulteriore considerazione che, ove si rendesse proponibile la riconvenzionale senza l'osservanza dell'art. 22, si finirebbe per rimettere all'iniziativa del danneggiato convenuto un atto destinato ad incidere sulla sfera di un terzo, l'assicuratore dell'attore, il quale, anche per le finalità di ordine sociale perseguita dal legislatore, ha diritto alla preventiva richiesta del risarcimento e a non essere trascinato immediatamente a giudizio.

Non va infine trascurato il rilievo che la richiesta stragiudiziale di risarcimento e il decorso dei 60 giorni valgono a costituire in mora l'assicuratore, mora questa particolarmente importante perché l'assicuratore, inadempiente all'obbligo di attivazione per conseguire la liberazione dal debito, assume verso il terzo danneggiato un'accessoria coordinata obbligazione, di natura pecuniaria, implicante, ex art. 1224 c.c., la corresponsione degli interessi moratori e la riparazione dell'eventuale maggior danno anche oltre il massimale (cfr. S.U. 29 luglio 1983 n. 5219 ed altre successive). L'inosservanza quindi dell'art. 22 comporta anche il venir meno di un criterio certo ed uniforme di determinazione della data di insorgenza della suddetta responsabilità diretta dell'assicuratore.

Tirando le fila del discorso, deve concludersi per l'ampia operatività dell'art. 22 della legge n. 990 del 1969 e per l'enunciazione del seguente principio: in tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione a norma della legge n. 990 del 1969, è improponibile la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto che non abbia preventivamente inviato all'assicuratore dell'attore la richiesta di risarcimento prevista dall'art. 22 della stessa legge.

Il secondo motivo di ricorso merita quindi accoglimento, ma la sentenza impugnata va cassata, in relazione alla censura accolta, senza rinvio stante l'improponibilità della domanda riconvenzionale in concreto proposta.

Con il terzo motivo, sotto il profilo della violazione dell'art. 104, comma 9°, del Codice della Strada, il ricorrente lamenta che il Tribunale, nell'addebitargli la mancata osservanza dell'obbligo del conducente che intende svoltare a sinistra di avvicinarsi il più possibile all'asse della carreggiata e di effettuare la manovra di svolta senza imboccare l'altra strada contromano, abbia omesso di considerare che, percorrendo una strada a senso unico, egli avrebbe dovuto, in base all'ultima parte del predetto 9° comma dell'art. 104, tenersi il più possibile sul margine sinistro della carreggiata, come in concreto fatto.

La censura non merita accoglimento. E' vero che la forma richiamata dal ricorrente (art. 104, 9° comma del Codice della Strada), in relazione alla manovra di svolta a sinistra del conducente che si trovi a percorrere una carreggiata a senso unico (circostanza questa accertata dal Tribunale) impone di tenersi il più possibile sul margine sinistro della strada e non già di avvicinarsi il più possibile al centro della carreggiata. Ma è altrettanto vero che il Tribunale di Roma, nel qualificare la manovra del  ***** non conforme al Codice della Strada, ha evidenziato soprattutto l'inosservanza dell'altro precetto, contenuto nella stessa norma, secondo cui il conducente che svolta a sinistra non deve imboccare l'altra strada contromano, ed ha ritenuto proprio tale violazione concausa determinante dell'evento, considerando che "ove il predetto ***** avesse effettuato la svolta su Via Taro non già interferendo nel flusso veicolare della mezzeria di destra di Via Taro (angolo sinistro con Via Lariana), ma tenendosi sulla destra senza tagliare l'angolo a sinistra, avrebbe certamente contribuito ad evitare la collisione con l'auto della *****".

 Ne consegue che, a parte la parziale imprecisione del riferimento normativo attinente alla condotta preparatoria della svolta a sinistra, i giudici di appello hanno, con motivazione corretta ed adeguata, individuato nell'imbocco contromano della strada di sinistra la condotta imprudente ed illegittima del *****, dotata di efficienza causale rispetto all'evento.

Con il quarto motivo il ricorrente, sotto il profilo della violazione dell'art. 2054 c.c., censura infine la sentenza impugnata per avere ritenuto, con incongrua motivazione, il pari concorso di colpa dei conducenti nella produzione del sinistro, mentre la colpa della *****, per le violazioni a lei ascrivibili, avrebbe dovuta essere considerata in ogni caso preponderante.

Anche tale doglianza non merita consenso.

A parte il richiamo improprio dell'art. 2054 c.c., in quanto il Tribunale non ha fatto applicazione di tale norma, ma ha in concreto ricostruito le modalità dell'incidente, la censura investe un apprezzamento di fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, nella specie non suscettibile di sindacato in questa sede di legittimità perché, contrariamente all'assunto del *****, è stato adeguatamente motivato con l'individuazioni delle condotte imprudenti di entrambi i conducenti e la valutazione organica del relativo nesso causa. Ed è noto che non può integrare difetto di motivazione un apprezzamento delle risultanze processuali diverso da quello prospettato dalla parte interessata.

Alla luce delle considerazioni che precedono, deve concludersi per il rigetto del primo, del terzo e del quarto motivo di ricorso; per l'accoglimento del secondo e, in relazione ad esso, per la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata.

Stima la Corte di compensare tra le parti le spese dell'intero processo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso.

Accoglie il secondo e cassa in relazione, senza rinvio, la sentenza impugnata.

Dichiara compensate le spese dell'intero processo.

Così deciso in Roma il 25 gennaio 1991 nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA L'11 NOVEMBRE 1991.