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Quale valore per le dichiarazioni contenute nel modulo c.a.i. (Cassazione 739/11)

Materia: Sentenze - Fonte: Cassazione - 24.01.2011
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Abstract: Orientamento costante

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Aggiornamento del 7/04/11: orientamento ribadito da Cass. 6526/11.

 

* * *


A cadenza periodica ritorna all'attenzione della Cassazione il problema del valore che deve essere assegnato dal giudice alle dichiarazioni rese nel modello c.a.i..

 

Per restare in tempo recenti ricordo le sentenze nei mesi scorso pubblicate e commentate anche dal sottoscritto n. 16376/10 e, a Sezioni Unite, n. 10311/06.

 

Sempre sul tema, e in particolare per quel che riguarda il valore da attribuire al modello di constatazione amichevole di incidente in caso non sia completo, n. 7781/10 (anche questa già pubblicata e commentata).

 

Il tema viene costantemente affrontato parametrando le dichiarazioni rese all'articolo 2733, che per comodità ricordo:

 

"È giudiziale la confessione resa in giudizio.

Essa forma piena prova contro colui che l'ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili.

In caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice."

 

E quindi anche in questa occasione viene ribadito il principio per cui

 

la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D. [più correttamente 'modulo c.a.i.', n.d.s.]), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e - come detto - litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all'art. 2733 c.c., comma 3.

 

E vista la frequenza del tema, mai come in questo caso mi par d'uopo dire: alla prossima!

 

 

                                                                                                      Renato Savoia

 

* * *

 

Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-01-2011, n. 739

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco - Presidente

Dott. UCCELLA Fulvio - Consigliere

Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

Dott. LEVI Giulio - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29967-2006 proposto da:

***** in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore ***** , elettivamente domiciliata in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso; - ricorrente -

contro

*****, ***** S.P.A.; - intimati -

avverso la sentenza n. 20042/2005 del TRIBUNALE di ROMA 12^ SEZIONE CIVILE, emessa il 3/6/2005, depositata il 22/09/2005, R.G.N. 50508/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2010 dal Consigliere Dott. GIULIO LEVI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA AURELIO che ha concluso per il rigetto.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione regolarmente notificato, la ***** impugnava davanti al Tribunale di Roma la sentenza del Giudice di Pace 6.6.2002, con cui questi aveva respinto la domanda della società stessa contro ***** e la S.p.A. *****, dei quali aveva chiesto la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito del sinistro verificatosi in Roma il 26.12.1999.

Il Tribunale di Roma con sentenza 24.10.200 rigettava l'appello e condannava la ***** al rimborso delle spese.

Ricorre per Cassazione la ***** con tre motivi.

Non resiste l'intimata.

Deposita memoria la ricorrente.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2733 c.c. e art. 2228 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia assume che nel caso si tratta di erronea valutazione delle prove, in particolare per quanto riguarda la confessione (art. 2733 c.c.).

Si è detto al riguardo dal ***** che nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel giudizio sin dall'inizio, assume la veste di litisconsorte necessario, poichè la controversia deve svolgersi in maniera unitaria tra i tre soggetti del rapporto processuale (danneggiato, assicuratore e responsabile del danno) e coinvolge inscindibilmente sia il rapporto di danno, originato dal fatto illecito dell'assicurato, sia il rapporto assicurativo, con la derivante necessità che il giudizio deve concludersi con una decisione uniforme per tutti i soggetti che vi partecipano. Pertanto, avuto riguardo alle dichiarazioni confessorie rese dal responsabile del danno, deve escludersi che, nel giudizio instaurato ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 18, sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto l'azione diretta che nell'ipotesi in cui sia stata avanzata anche la domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno, si possa pervenire ad un differenziato giudizio di responsabilità in base alle suddette dichiarazioni, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore dall'altro. Conseguentemente, va ritenuto che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e - come detto - litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all'art. 2733 c.c., comma 3, secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l'appunto, liberamente apprezzata dal giudice (Cass., 5.5.2006, n. 10311).

Tanto premesso, ha osservato la sentenza impugnata che erano stati prodotti un preventivo e una fattura, documenti entrambi anteriori al preteso sinistro; che era inverosimile "coincidenza del casuale scontro tra due autovetture assicurate presso la stessa Agenzia della stessa Compagnia Assicuratrice; che dalla C.T.U. era emerse che l'autovettura dell'attrice era stata di proprietà della convenuta;

che sussisteva, come pure accertato dal C.T.U., incompatibilità di alcuni dei punti di danno riscontrati sui due veicoli; che la *****, all'epoca del sinistro, era legata da rapporti di lavoro con la società attrice.

Ha osservato, quindi, la sentenza impugnata che la confessione giudiziale della convenuta ***** era assolutamente inidonea a provare la avanzata pretesa.

Si tratta, all'evidenza, di giudizio di merito a seguito di apprezzamento di fatti, che non è censurabile in Cassazione. Il motivo deve essere quindi rigettato.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia assume che il Tribunale non ha in alcun modo tenuto conto dei dati probatori acquisiti nel corso del giudizio di primo grado, sia in riferimento alla confessione giudiziale, sia in riferimento alle risultanze della C.T.U..

Come innanzi già indicato si tratta di valutazioni di fatto non censurabili in Cassazione per cui il motivo deve essere rigettato.

Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Assume che, a prescindere dall'esito del giudizio, sussistevano ampie e giustificate ragioni che avrebbero dovuto condurre ad una decisione di compensazione delle spese di lite.

Questo S.C. al riguardo ha osservato che al di fuori dei casi di soccombenza reciproca, i "giusti motivi" di compensazione totale o parziale delle spese previsti dall'art. 92 cod. proc. civ. possono essere evincibili anche dal complessivo tenore della sentenza, con riguardo alla particolare complessità sia degli aspetti sostanziali che processuali, ma se nessuno di tali presupposti sussiste deve applicarsi il generale principio della condanna alle spese della parte soccombente, non potendo trovare luogo l'esercizio del potere discrezionale giudiziale di compensazione (Cass., 30.3.2010, n. 7766).

Il ricorso va dunque rigettato.

In mancanza di difese svolte dalla parte intimata non vi è luogo a pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per spese.