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Come formare le porzioni in caso di divisione ereditaria - Cassazione 3029/09

Materia: Attualità - Fonte: Cassazione - 07.04.2009
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Abstract: L'art.727 c.c. è un mero criterio di massima.




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L'art 727 del codice civile, intitolato "Norme per la formazione delle porzioni" così dispone:

Salvo quanto è disposto dagli articoli 720 e 722, le porzioni devono essere formate, previa stima dei beni comprendendo una quantità di mobili, immobili e crediti di eguale natura e qualità, in proporzione dell'entità di ciascuna quota.

Si deve tuttavia evitare, per quanto è possibile, il frazionamento delle biblioteche, gallerie e collezioni che hanno una importanza storica, scientifica o artistica.

Nella sentenza in commento la Corte di Cassazione ribadisce testualmente che "resta in facoltà del Giudice della divisione formare i lotti anche in maniera diversa, qualora ritenga che l'interesse dei condividenti sia meglio soddisfatto attraverso l'attribuzione di un intero immobile, piuttosto che attraverso il suo frazionamento, ed il relativo giudizio è incensurabile in Cassazione se adeguatamente motivato (Cass. 16.6.2008 n. 16219; vedi pure Cass. 22.11.2000 n. 15105)".

* * *

Altro principio che vale la pena di segnalare è quello per cui "nel caso di divisione di beni oggetto di comproprietà provenienti da titoli diversi e quindi appartenenti a diverse comunioni, è possibile procedere ad una sola divisione invece che a tante divisioni quante sono le masse solo con il consenso di tutte le parti che non può risultare da una manifestazione tacita o da un semplice comportamento processuale non oppositivo di uno dei condividenti rispetto alla domanda di divisione unitaria di tutti i beni delle diverse masse, ma deve realizzarsi in uno specifico ed apposito negozio giuridico da cui evincere in modo inequivocabile tale comune volontà".

Dunque occorre un consenso manifestato ed espresso.

(testo pubblicato su http://www.civile.it/eredita)

* * *

Cass. Civ., Sez. II, 06-02-2009, n. 3029

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio - Presidente

Dott. TRIOLA Roberto Michele - Consigliere

Dott. TROMBETTA Francesca - Consigliere

Dott. MAZZACANE Vincenzo - rel. Consigliere

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10244/2007 proposto da;

***** elettivamente domiciliato in ROMA, VIA *****, presso lo studio dell'avvocato ***** che lo rapresenta e difende unitamente all'avvocato *****; - ricorrente -

contro

*****; - intimato -

sul ricorso 14308/2007 proposto da:

*****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA *****, presso lo studio dell'avvocato *****, rappresentato e difeso dagli avvocati *****; - ricorrenti -

contro

***** elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato ***** che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato *****; - controricorrenti -

avverso la sentenza n. 31/2007 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 12/01/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/10/2008 dal Consigliere Dott. MAZZACANE VINCENZO;

udito l'Avvocato *****, difensore del ricorrente che si riporta agli atti;

udito l'Avvocato ***** con delega depositata in udienza dell'Avvocato ***** difensore del resistente che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per rigetto del ricorso principale;

assorbito il ricorso incidentale.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 30.4.1981 ***** conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze la sorella ***** e la madre ***** chiedendo lo scioglimento della comunione sussistente tra le parti relativa a beni immobili e mobili loro pervenuti per successione da ***** (padre di ***** e ***** e marito di *****) deceduta il *****, e da ***** (fratello di ***** e ***** e figlio di *****) deceduto il *****.

Le convenute si costituivano in giudizio non opponendosi alla domanda, e chiedendo espressamente che nella divisione fosse ricompresa anche l'azienda alberghiera Hotel *****, sita in due degli immobili di proprietà comuni posti in *****, azienda pure in comproprietà tra le parti in causa.

Per effetto del decesso in data 31.7.1984 della ***** con devoluzione testamentaria del suo patrimonio ai figli ***** per la sola quota di legittima ed a ***** per il residuo, la causa di divisione proseguiva tra questi ultimi.

A seguito della proposizione da parte di ***** dinanzi allo stesso Tribunale di una domanda nei confronti della sorella ***** per l'accertamento del proprio asserito diritto di proprietà esclusiva sull'azienda alberghiera Hotel *****, la causa di divisione veniva sospesa con ordinanza del 21.6.1985.

All'esito del decesso in data 4.7.1989 di *****, si costituiva in giudizio quale suo erede universale il nipote *****, figlio del fratello *****.

Successivamente su istanza di ***** l'ordinanza di sospensione suddetta era stata revocata e, nel prosieguo del giudizio, il Giudice istruttore aveva stralciato dagli accertamenti peritali disposti in ordine alla consistenza ed al valore dei beni da dividere l'azienda alberghiera Hotel *****.

Con sentenza del 15.11.2000 il Tribunale adito attribuiva a ***** i beni immobili indicati dal C.T.U. come il palazzo ed il Portico oltre ai beni mobili facenti parte del lotto *****, a ***** i beni immobili indicati dal C.T.U. come parte residua ed i beni mobili compresi nel lotto *****, poneva a carico di ***** l'obbligo di pagare la somma di L. 8.401.900 a ***** quale conguaglio, e disponeva come da separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio.

Proposto gravame da parte di ***** cui resisteva ***** che proponeva appello incidentale la Corte di Appello di Firenze con ordinanza del 7.10.2004 disponeva la sospensione del giudizio fino alla definizione della controversia pendente tra le parti davanti al Tribunale di Firenze per la determinazione delle quote di proprietà comuni sull'azienda alberghiera denominata Hotel *****.

A seguito di ricorso per regolamento di competenza proposto da ***** avverso tale ordinanza la Corte di Cassazione con ordinanza del 7.3.2005, in accoglimento del ricorso, cassava il provvedimento impugnato fissando per la riassunzione della causa il termine di sei mesi dalla comunicazione dell'ordinanza stessa.

All'esito di un ricorso di ***** per la prosecuzione del giudizio, la Corte di Appello di Firenze con sentenza del 12.1.2007 ha rigettato entrambi gli appelli.

Per la cassazione di tale sentenza ***** ha proposto un ricorso basato su sei motivi cui ***** ha resistito con controricorso proponendo altresì ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo cui ***** ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.

Venendo all'esame del ricorso principale, deve anzitutto essere esaminata l'eccezione di inammissibilità di tutti i motivi ex art. 3 66 bis c.p.c., (applicabile "ratione temporis" al presente ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze pubblicata il 12.1.2007) proposta da ***** sia per mancata enunciazione della regola di giudizio cui il Giudice di Appello non si sarebbe attenuto sia per la mancata indicazione del fatto controverso in relazione al quale si è dedotto il vizio di motivazione.

L'eccezione deve essere disattesa sotto entrambi i suddetti profili, posto che da un lato tutti i motivi di ricorso con i quali è stata denunciata una violazione di legge sono seguiti da uno specifico quesito di diritto, e dall'altro tutti i motivi con i quali è stato dedotto un vizio di motivazione contengono una chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Ciò premesso, si rileva che il ricorrente principale, deducendo violazione dell'art. 713 c.c., e segg., - art. 1100 c.c. e segg., - art. 1116 c.c. - art. 1350 c.c. n. 3 e n. 11, nonchè omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata per aver respinto il motivo di appello formulato dall'esponente concernente la richiesta di procedere ad una unitaria divisione di tutti i beni in comproprietà tra le parti, compresa quindi l'azienda Hotel *****, avendo ritenuto che, trattandosi di due masse ereditarie distinte, in quanto tale azienda non era mai entrata a far parte del patrimonio ereditario di ***** e di *****, dovevano essere condivise in proposito le motivazioni con le quali il Tribunale aveva escluso di potersi procedere ad un un'unica divisione.

***** assume che, a prescindere dal rilievo che il titolo di provenienza dell'azienda suddetta non era ereditario ma era costituito da un'atto di acquisto "inter vivos", il Giudice di Appello non ha considerato che anche il fabbricato sito in *****, non proveniva dalla eredità di ***** ed *****, essendo stato acquistato dai ***** con atto del 24.9.1962, cosicchè, in presenza di tre distinte comunioni, in applicazione del principio di diritto cui la Corte territoriale si è richiamata si sarebbe dovuto procedere a tre distinte divisioni, mentre in realtà il suddetto fabbricato era stato ricompreso nell'ambito della divisione ereditaria ed aveva concorso come un "complemento del Palazzo alla formazione del lotto assegnato all'esponente, pur in mancanza di un atto scritto "ad substantiam" contenente l'accordo delle parti di procedere ad una divisione unica che comprendesse anche detti immobili.

***** quindi, nel formulare il quesito di diritto, chiede se sia ravvisabile violazione o falsa applicazione delle norme sopra richiamate allorchè si proceda ad un'unica divisione di più beni immobili provenienti da titoli diversi in difetto di un atto scritto tra le parti sottoscritto secondo la forma "ad substantiam" di cui all'art. 1350 c.c., n. 3, che esprima la loro volontà per una divisione unitaria di una configurata unitaria comunione.

Il ricorrente principale poi ribadisce l'omessa motivazione della sentenza impugnata con riguardo al fatto, rilevante e decisivo proprio alla luce del principio del quale la Corte territoriale ha contraddittoriamente sostenuto di volere fare applicazione, che l'immobile di via ***** proveniva da un titolo diverso rispetto alla successione di ***** ed *****.

Con il secondo motivo il ricorrente principale, denunciando violazione dell'art. 713 c.c. e segg. - art. 1100 c.c. e segg., art. 1116 c.c. - art. 1350 c.c. nn. 3 e 11 in rapporto all'art. 2555 c.c., nonchè omessa contraddittoria ed insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata per aver escluso che la divisione dei beni in comunione tra le parti potesse avvenire in maniera unitaria, comprendendovi quindi anche l'azienda Hotel *****.

***** assume che tale statuizione non ha considerato il comportamento delle parti - ed in particolare quello tenuto da ***** che per molti anni dalla introduzione della presente controversia non aveva sollevato contestazioni in proposito - dal quale era emersa una palese indicazione di una intesa dei condividenti volta a ricomprendere nei beni da dividere anche l'azienda Hotel ***** ed a procedere ad un'unica divisione;

inoltre al ricorrente principale rileva che dal "preliminare di divisione" del marzo 1983 sottoscritto da ***** e da ***** e dalla successiva lettera del 14.3.1983 firmata da quest'ultimo risultava non solo il riconoscimento che l'azienda suddetta costituiva un bene comune fittiziamente intestato al solo *****, ma anche la volontà di questi secondo cui, in caso di mancata conclusione di una divisione amichevole, in conformità delle indicazioni di cui al suddetto progetto, la divisione non avrebbe potuto effettuarsi "che giudizialmente procedendosi nella causa in corso" (comprendendovi anche l'azienda alberghiera Hotel *****, causa che si identificava con la presente controversia.

*****, nel formulare il quesito di diritto, chiede se sia ravvisabile violazione o falsa applicazione delle norme sopra enunciate allorchè si escluda la possibilità di procedere ad un'unica divisione di beni provenienti da titoli diversi in presenza di un comportamento delle parti e di documenti scritti da cui si tragga inequivocabile indizio di una loro volontà negoziale di procedere ad una divisione unitaria con conferimento del bene aziendale, successivamente pervenuto in comunione per atto di compravendita, alla preesistente comunione ereditaria.

Il ricorrente principale infine ribadisce il vizio di motivazione in riferimento a tutte le circostanze di fatto allegate dall'appellante a sostegno del suo assunto.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente in quanto connesse, attenendo entrambi alla mancata inclusione dell'azienda Hotel ***** nell'ambito di un unico progetto divisionale, devono essere disattese.

Con specifico riferimento al primo motivo, si deve rilevare che le argomentazioni ivi esposte e la formulazione del principio di diritto, relative alla inclusione, nell'ambito del progetto divisionale predisposto, anche di un immobile, ovvero l'edificio di via *****, proveniente da titolo non ereditario in difetto di un atto scritto di accordo tra le parti, presuppongono la pregressa impugnazione sotto tale specifico profilo della sentenza di primo piano che aveva assegnato tale bene a *****, come dedotto dallo stesso ricorrente principale; tale censura invece non risulta essere stata sollevata dinanzi al Giudice di Appello, cosicchè in proposito si è formato il giudicato; pertanto il quesito di diritto al riguardo formulato è inconferente.

Con riguardo poi al secondo motivo, si osserva che la sentenza impugnata, conformemente al Giudice di primo grado, ha rilevato che si era in presenza di due masse ereditarie distinte, in quanto l'azienda suddetta non era mai entrata a far parte del patrimonio ereditario di ***** o di *****, con la conseguenza che la divisione non poteva avvenire in maniera unitaria, anche se tra le due divisioni vi era una evidente correlazione.

Tale principio è corretto perchè, qualora i beni comuni provengano da titoli diversi, non si realizza un'unica comunione, ma tante comunioni quanti sono i titoli di provenienza dei beni, corrispondendo quindi alla pluralità di titoli una pluralità di masse, ciascuna delle quali costituisce una entità patrimoniale a sè stante; cosicchè, in caso di divisione dei beni, deve procedersi a tante divisioni quante sono le masse.

E' pur vero che il principio ora enunciato può essere derogato, ma a tal fine occorre il consenso di tutti i condividenti al conferimento di tutte le masse in una sola; tuttavia tale consenso, risolvendosi in un atto di conferimento delle singole comunioni in una comunione unica, non può ritenersi attuato tramite il mero comportamento negativo di chi si limiti a non opporsi ad una domanda di divisione unica di tutti i beni ancorchè provenienti da masse diverse, ma deve materializzarsi in un negozio ad "hoc" che, se ha per oggetto beni immobili, deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" (Cass. 15.5.1992 n. 5798).

Orbene alla luce di tale orientamento del tutto condivisibile è evidente che nessuna rilevanza può essere attribuita nella fattispecie all'asserito comportamento processuale da parte di ***** di non opposizione alla inclusione in un unico progetto divisionale dell'azienda suddetta.

Nè a diversa conclusione può giungersi alla luce del menzionato "preliminare di divisione" e della successiva lettera di ***** del 14.3.1983, posto che il contenuto di tale documento come riportato nel ricorso principale, evidenziando possibili intese tra le parti circa una amichevole divisione nonchè il generico proposito di ***** - in caso di mancato scioglimento da parte di ***** della riserva circa la sua adesione al progetto divisionale - di procedere alla divisione ereditaria" nella causa in corso" non configurava il necessario requisito costituito da un negozio giuridico in cui le parti in maniera inequivocabile avessero manifestato la loro volontà di pervenire ad una divisione giudiziale di un'unica massa comprendente espressamente anche l'azienda Hotel *****.

In conclusione il principio di diritto rilevante nella fattispecie è il seguente: nel caso di divisione di beni oggetto di comproprietà provenienti da titoli diversi e quindi appartenenti a diverse comunioni, è possibile procedere ad una sola divisione invece che a tante divisioni quante sono le masse solo con il consenso di tutte le parti che non può risultare da una manifestazione tacita o da un semplice comportamento processuale non oppositivo di uno dei condividenti rispetto alla domanda di divisione unitaria di tutti i beni delle diverse masse, ma deve realizzarsi in uno specifico ed apposito negozio giuridico da cui evincere in modo inequivocabile tale comune volontà.

Con il terzo motivo il ricorrente principale, deducendo violazione dell'art. 713 c.c. e segg. - art. 726 c.c., e dei principi da essi emergenti in materia di divisione nonchè omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata per aver completamente omesso di considerare l'opportunità di procedere ad una rinnovazione della stima dell'immobile oggetto di divisione, come sollecitato dall'appellante nella seconda comparsa conclusionale e nella seconda memoria di replica, atteso che dall'ultimo elaborato peritale in proposito redatto, risalente al 22.6.1995, fino all'epoca della divisione di secondo grado erano trascorsi quali dodici anni.

Alla luce di tali deduzioni il ricorrente principale, nel formulare il quesito di diritto, chiede se sia ravvisatale violazione o falsa applicazione delle norme sopra enunciate allorchè non si proceda all'aggiornamento della perizia di valutazione degli immobili oggetto della divisione nonostante che i dati di stima della relativa C.T.U. risalgano a quasi dodici anni prima rispetto all'epoca in cui il giudicante è chiamato a pronunciarsi; inoltre ribadisce la totale omessa motivazione della sentenza impugnata con riguardo alle ragioni per cui il rinnovo delle valutazioni degli immobili non è stato ritenuto necessario.

La censura è infondata.

Premesso che il Giudice di Appello non ha esaminato almeno espressamente tale questione, occorre peraltro rilevare che, pur non essendovi dubbio che nel giudizio di divisione occorre assicurare la formazione di porzioni di valore corrispondente alle quote e che quindi tendenzialmente la stima dei relativi beni deve essere effettuata in epoca non troppo lontana rispetto a quella della decisione, tuttavia il mero trascorrere del tempo non costituisce automaticamente una ragione sufficiente per ritenere che si sia determinato un apprezzabile mutamento di valore dei beni stessi che renda necessario l'adeguamento di quello stabilito al tempo della stima, considerata la possibile stasi del mercato od il minore apprezzamento dei beni in relazione alle loro caratteristiche (Cass. 24.7.2000 n. 9659); pertanto con riferimento alla fattispecie occorre affermare il principio di diritto secondo cui in tema di giudizio di divisione immobiliare la parte che sollecita una rivalutazione degli immobili per effetto del tempo trascorso dall'epoca della relativa stima, deve allegare ragioni di significativo mutamento del valore di essi o di alcuni di essi "medio tempore", non essendo sufficiente il mero riferimento al lasso temporale intercorso per ritenere che il prezzo di mercato dei beni abbia subito una significativa ed apprezzabile variazione.

Orbene nella specie ***** non ha prospettato tempestivamente a sostegno della sua istanza ragioni sufficientemente circostanziate, posto che neppure in sede di udienza di precisazione delle conclusioni del 10.11.2006 (vedi sentenza impugnata) l'appellante, nel richiedere la rinnovazione della C.T.U. "in particolare ai fini della stima dell'azienda alberghiera Hotel ***** e, comunque dell'incidenza della presenza della stessa sulla valutazione dell'immobile di *****, ha fatto alcun riferimento specifico alla necessità di rinnovare la stima dei beni oggetto di divisione, ciò essendo avvenuto, secondo quanto affermato dallo stesso ricorrente principale, soltanto nella seconda comparsa conclusionale e nella seconda memoria di replica.

Con il quarto motivo il ricorrente principale, deducendo violazione dell'art. 713 c.c. e segg. - art. 726 c.c. e dei principi da essi emergenti nonchè omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata perchè, nel ritenere che le conclusioni del C.T.U. non erano state oggetto di contestazione, non ha considerato che l'esponente negli scritti difensivi aveva sollevato specifiche critiche in proposito con particolare riferimento al fatto che nell'elaborato peritale non si era tenuto conto, in relazione alla stima degli immobili di *****, della presenza in essi di una azienda alberghiera della quale il soggetto cui erano stati assegnati detti beni non era il titolare esclusivo.

***** chiede quindi se sia ravvisabile una violazione o falsa applicazione delle suddette norme in materia di divisione allorchè alla stessa si proceda senza che sia stata valutata 1'incidenza sul valore di un complesso immobiliare della presenza non titolata nello stesso di un'azienda non ricompresa nella medesima divisione; egli ribadisce inoltre l'omessa motivazione con riferimento alle diverse contestazioni che l'esponente aveva mosso alla stima del C.T.U. posta a fondamento della divisione.

La censura è infondata.

Premesso che la sentenza impugnata ha affermato che le conclusioni del C.T.U., precise ed esaurienti nonchè prive di omissioni e/o di vizi logici, non erano state oggetto di contestazioni nel corso del giudizio di primo grado, si rileva che le deduzioni del ricorrente principale, secondo cui la stima degli immobili di Piazza ***** non avrebbe tenuto conto della presenza in essi di un'azienda di cui erano comproprietari i medesimi condividenti, appaiono prive di sufficiente specificazione, non essendo stato evidenziato sotto quale profilo l'asserita mancata considerazione dell'azienda alberghiera avrebbe inciso sulla stima degli immobili in cui essa è ubicata; invero nel motivo non è stato indicato il valore del compendio immobiliare determinato dal C.T.U. nè sono stati allegati elementi specifici e circostanziati da cui evincere che quest'ultimo non avesse valutato l'immobile alla luce della sua destinazione ad azienda alberghiera giungendo così ad una stima diversa da quella ritenuta dal ricorrente principale più corretta in virtù del suddetto criterio di valutazione; il motivo in esame, quindi, privo di riferimenti concreti alla stima determinata dal C.T.U. ed a quella propugnata da ***** onde apprezzare anche la rilevanza della questione prospettata, si rivela generico e come tale inidoneo a censurare con fondamento la statuizione impugnata.

Il quesito di diritto come sopra formulato è dunque inconferente, posto che una risposta ad esso, anche se positiva per l'istante, risulterebbe comunque priva di rilevanza in quanto inidonea a risolvere diversamente la questione decisa con la sentenza impugnata.

Con il quinto motivo il ricorrente principale, denunciando violazione degli artt. 720 - 727 c.c., e dei principi da essi emergenti in tema di divisione nonchè omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia, assume che erroneamente il Giudice di Appello ha ritenuto opportuno inserire per intero nei due lotti rispettivamente assegnati ai due condividenti i due principali cespiti oggetto della comunione, ovvero Palazzo ***** ed il compendio immobiliare di Piazza *****, senza tener conto delle loro peculiarità e della loro sostanziale diversità strutturale e reddituale; d'altra parte, poichè il frazionamento di tali beni si era già verificato, sarebbe stato agevole per il C.T.U. procedere alla formazione di due lotti comprendenti ciascuno alcune parti dei vari edifici, così da attribuire ad entrambi i condividenti porzioni immobiliari che risultassero "di eguale natura e qualità".

***** quindi chiede se sia ravvisabile violazione o falsa applicazione delle norme sopra menzionate allorchè in tema di divisione alla stessa si proceda, pur in presenza di edifici dalle caratteristiche radicalmente diverse e già frazionati in varie unità immobiliari, assegnando a ciascuno dei condividenti un intero edificio.

Il ricorrente principale inoltre sottolinea che la Corte territoriale non ha dato conto in alcun modo delle ragioni per cui ha ritenuto di far proprio l'operato del C.T.U..

La censura è infondata.

La Corte territoriale, nel disattendere la richiesta dell'appellante di procedere alla divisione per unità e non per fabbricati, ha ritenuto di dover condividere il convincimento espresso dal Giudice di primo grado sulla scorta del progetto divisionale elaborato dal C.T.U., non oggetto di contestazioni nel giudizio di primo grado, in quanto tale progetto, oltre a comprendere in ciascuna porzione una quantità di mobili e di immobili della stessa natura e della stessa qualità, aveva il merito precipuo di ridurre al minimo il Conguaglio dovuto.

Tale statuizione, sorretta da logica e sufficiente motivazione in ordine alla operata deroga all'art. 727 c.c., è conforme all'indirizzo qui ribadito secondo cui il principio stabilito dall'art. 727 c.c., in virtù del quale nello scioglimento della comunione il Giudice deve formare lotti comprensivi di eguali quantità di beni mobili, immobili e crediti non ha natura assoluta e vincolante, ma costituisce un mero criterio di massima; pertanto resta in facoltà del Giudice della divisione formare i lotti anche in maniera diversa, qualora ritenga che l'interesse dei condividenti sia meglio soddisfatto attraverso l'attribuzione di un intero immobile, piuttosto che attraverso il suo frazionamento, ed il relativo giudizio è incensurabile in Cassazione se adeguatamente motivato (Cass. 16.6.2008 n. 16219; vedi pure Cass. 22.11.2000 n. 15105), come appunto nella fattispecie.

Con il sesto motivo *****, deducendo violazione dell'art. 729 c.c., e dei principi da esso emergenti in tema di divisione nonchè omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata per aver proceduto alla divisione mediante attribuzione delle porzioni in luogo del sorteggio; in tal modo non è stato considerato che, poichè entrambi i condividenti avevano richiesto l'assegnazione del compendio immobiliare di Piazza *****, non vi era motivo di privilegiare l'uria o l'altra delle parti, cosicchè sarebbe stato opportuno ricorrere alla estrazione a sorte, avuto riguardo altresì alla correlazione di tale immobile con altro bene (l'azienda Hotel *****) rimasto estraneo alla divisione.

Il ricorrente principale aggiunge che comunque, volendo adottare il criterio dell'attribuzione, avrebbe dovuto essere accolta l'istanza di assegnazione dell'esponente quale titolare della quota maggioritaria.

***** chiede quindi se sia ravvisabile violazione o falsa applicazione della normativa sopra richiamata in tema di divisione allorchè l'assegnazione avvenga mediante l'attribuzione senza tener conto della correlazione esistente tra il bene oggetto di divisione ed altro bene estraneo alla divisione ma oggetto di contitolarità da parte degli stessi condividenti nonchè disattendendo la richiesta di assegnazione formulata dal condividente titolare della quota di maggioranza; inoltre sottolinea la palese insufficienza della motivazione della sentenza impugnata laddove ha preteso di giustificare l'attribuzione dei beni unicamente con la modestia del conguaglio che sarebbe scaturito dalla soluzione prescelta tra le quattro alternative indicate dal C.T.U..

La censura è infondata.

Il Giudice di Appello, premesso che le porzioni oggetto di assegnazione erano di diversa anche se non notevole entità, ha correttamente escluso la possibilità di procedere mediante estrazione a sorte ai sensi dell'art. 729 c.c., criteri o comunque sempre derogabile in base a valutazioni prettamente discrezionali (Cass. 18.1.2007 n. 1091); d'altra parte il ricorrente principale, pur avendo censurato la mancata adozione del criterio del sorteggio, non ha formulato in proposito alcun quesito di diritto, cosicchè tale profilo di censura è inammissibile.

Con riferimento poi alla dedotta mancata considerazione della correlazione tra il bene oggetto di divisione ed altro bene ad essa estraneo ma oggetto di comproprietà tra gli stessi condividenti, tale profilo di censura deve essere disatteso per la sua genericità, non essendo stato minimamente chiarito sotto quale specifico aspetto l'attribuzione dell'immobile di Piazza ***** sarebbe avvenuto non considerando l'ubicazione in esso dell'azienda Hotel *****.

Quanto infine al profilo di censura relativo alla mancata attribuzione dell'immobile di Piazza ***** a *****, si rileva che tale statuizione era stata già pronunciata all'esito del giudizio di primo grado, avendo la Corte territoriale rigettato l'appello proposto dall'attuale ricorrente principale ed avendo quindi confermato l'adesione al progetto divisionale che prevedeva l'attribuzione dell'immobile suddetto a *****; pertanto su tale questione non trattata dalla sentenza impugnata ***** avrebbe dovuto formulare uno specifico motivo di appello, laddove nel motivo in esame non vi è alcuna deduzione in ordine all'avvenuta osservanza di tale imprescindibile onere processuale.

Il quesito di diritto come sopra formulato è dunque inconferente, posto che una risposta ad esso, anche se positiva per l'istante, risulterebbe comunque priva di rilevanza in quanto attinente ad una questione non oggetto del giudizio di appello.

Il ricorso principale deve quindi essere rigettato.

Conseguentemente deve dichiararsi assorbito il ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo con cui ***** ha censurato la sentenza impugnata in ordine alla identificazione dell'oggetto della richiesta di tutela effettivamente formulata dall'esponente nel giudizio di gravame, con conseguente omessa pronuncia su di una pretesa che aveva avuto regolare ingresso nel processo.

Ricorrono giusti motivi, avendo riguardo allo stretto legame di parentela esistente tra le parti, per compensare interamente tra di esse le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e compensa interamente tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2008.