"L'ignoranza totalmente consapevole è il preludio a ogni vero progresso"

James Clerk Maxwell

Preventivi

Newsletter

Ricevi le novità via email:
(info e privacy)

Argomenti:

Cerca:




Recapiti

Avv. Renato Savoia
Via Diaz 11
37121 Verona

NON SI EFFETTUANO CONSULENZE GRATUITE

WhatsApp

Tel +39 045 21030899
Webmail
Fax +39 045 21090404

C.F.: SVARNT75A06L781I
P.IVA: 03826270237

Polizza professionale
TOKYO MARINE HCC22-W0086360

ENGLISH SPEAKING




Quando l'intervento del terzo annulla il testamento, e quando no (Cass. 26258/08)

Materia: Sentenze - Fonte: Cassazione - 05.05.2009
Condividi su Facebook

Abstract: Nullo il testamento olografo solo se l'intervento del terzo è all'interno della disposizione testamentaria, non se è posto dopo la firma.

Download or Play:



Un testamento olografo che rechi, dopo la firma del testatore, una o più parole o frasi aggiunte da soggetti diversi dal testatore non invalida il testamento stesso, giacchè essendo state poste dopo la firma si deve ritenere che la volontà del testatore non sia stata modificata.

All'opposto, è sufficiente anche una sola parola che sia però inserita nel corpo delle disposizioni testamentarie per invalidare l'intero testamento. 

Così l'art. 602 del codice civile (Testamento olografo):

Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore.

La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore.

La data deve contenere l'indicazione del giorno, mese e anno. La prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacità del testatore, della priorità di data tra più testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento.

 

* * *

Cass. civ. Sez. II, 30-10-2008, n. 26258

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino - Presidente

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere

Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere

Dott. ATRIPALDI Umberto - Consigliere

Dott. MAZZACANE Vincenzo - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

*****, ***** in *****, elettivamente domiciliati in ROMA VIA *****, presso lo studio dell'avvocato *****O, che li difende unitamente all'avvocato *****, giusta delega in atti; - ricorrenti -

contro

*****, elettivamente domiciliata in ROMA VIA *****, presso lo studio dell'avvocato *****, che la difende unitamente all'avvocato *****, giusta procura speciale notarile del 29/04/08 rep. 169883; - resistente con procura -

avverso la sentenza n. 16/03 della Corte d'Appello di TRIESTE, depositata il 01/02/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/05/08 dal Consigliere Dott. MAZZACANE Vincenzo;

udito l'Avvocato *****, con delega depositata in udienza dell'Avvocato *****, difensore del ricorrente che ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito l'Avvocato *****, difensore della resistente che illustra oralmente le proprie difese;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 6.2.1984 i fratelli ***** e ***** convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Udine ***** e, premesso di essere nipoti ed eredi legittimi di *****, assumevano che quest'ultimo con contratto del 15.11.1981 aveva donato metà dei beni immobili di sua proprietà alla convenuta, che inoltre era stata anche nominata sua erede universale con testamento olografo del 12.11.1981.

Gli attori chiedevano la declaratoria di nullità del suddetto testamento, in quanto una parte di esso era stata redatta da persona diversa dal testatore, e la revoca della donazione per inadempimento dell'onere da cui era gravata.

Costituitasi in giudizio la convenuta contestava il fondamento delle domande attrici di cui chiedeva il rigetto.

Il Tribunale adito con sentenza del 2.5.2000 rigettava le domande proposte dagli attori.

Proposta impugnazione da parte di ***** e di ***** cui resisteva la ***** la Corte di Appello di Trieste con sentenza dell'1.2.2003 ha rigettato il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza ***** e ***** hanno proposto un ricorso basato su tre motivi; il difensore della ***** munito di procura speciale ha partecipato all'udienza di discussione.

Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 602 c.c., assumono che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto la validità del testamento olografo del ***** redatto da ***** e pubblicato il *****. I ricorrenti rilevano che il Giudice di appello, nell'affermare che il contenuto essenziale del testamento era di mano esclusiva del ***** e che potevano essere ricondotte a quest'ultima le ultime parole che risultavano scritte in calce al documento sotto la firma del testatore ("in cambio lei dovrà avere cura di me e fare il mio funerale") ha omesso di evidenziare che in calce al testamento era pure apposta la firma di *****; in tal modo la sentenza impugnata si è discostata dalla corretta interpretazione dell'art. 602 c.c., più aderente alla esigenza di effettiva tutela della genuinità della volontà testamentaria, secondo cui, poichè la validità del testamento olografo esige l'autografia non solo della sottoscrizione ma anche della data e del testo del documento, tale validità deve essere esclusa quando la data o il testo risultino in tutto o in parte riferibili alla mano di altra persona; orbene nella fattispecie l'intervento della ***** nella redazione del testamento di ***** era addirittura reso palese dalla sottoscrizione in calce al documento apposta di proprio pugno dalla stessa, rilievo tanto più grave in considerazione del fatto che la controparte figurava contemporaneamente beneficiarla dell'eredità e coautrice del testamento.

Con il secondo motivo i ricorrenti, deducendo violazione e/o falsa applicazione dell'art. 463 c.c., nn. 4 e 5, e art. 624 c.c., nonchè vizio di motivazione, assumono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, poichè la scheda testamentaria per cui è causa era stata alterata ad opera della *****, quest'ultima avrebbe dovuto essere dichiarata indegna a succedere ex art. 463 c.c., n. 5; inoltre l'esclusione della ***** dalla successione discendeva pure dagli artifizi e raggiri posti in essere dalla medesima per indurre ***** a disporre delle sue sostanze con un testamento in proprio favore; a tale ultimo riguardo i ricorrenti rilevano che dall'istruttoria espletata era anzitutto emerso che la ***** non aveva la qualifica di assistente sociale - come invece aveva fatto credere al ***** onde celare l'effettiva ragione che l'aveva spinta ad avvicinare quest'ultimo - essendo in realtà dipendente della Casa di Riposo di ***** "addetta alla lavanderia e guardaroba"; inoltre la *****, contrariamente a ciò che aveva confidato al *****, che cercava una donna da sposare, non era divorziata e neppure era in procinto di divorziare, cosicchè non era in grado di assumersi l'impegno matrimoniale richiesto dal ***** che peraltro, a fronte della promessa della ***** di sposarlo, aveva allontanato un'altra donna.

Con il terzo motivo ***** e *****, deducendo vizio della motivazione, sostengono che erroneamente la Corte territoriale ha affermato, con riferimento alla ritenuta validità della scheda testamentaria, nonostante l'interpolazione accertata mediante consulenza tecnica d'ufficio di natura grafologica, l'assenza in atto di alcuna prova della riferibilità alla mano della ***** delle parole aggiunte dopo la firma del testatore; invero il testamento in questione era stato sottoscritto dalla ***** medesima, come era evidente anche da un esame superficiale del documento, cosicchè era erronea la motivazione resa a sostegno sia della validità del testamento sia della esclusione dell'indegnità a succedere della ***** ex art. 463 c.c., n. 5.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente in quanto connesse, sono infondate.

Il Giudice di appello ha premesso in linea di fatto che il documento in cui era stato redatto il testamento olografo di ***** conteneva le disposizioni di ultima volontà di quest'ultimo scritte di suo pugno e la firma di quest'ultimo; ha poi rilevato che dopo tale sottoscrizione nel documento in esame si leggeva l'ultima frase "in cambio lei dovrà avere cura di me e fare il mio funerale" attribuibile a mano diversa dal titolare; orbene la sentenza impugnata ha ritenuto che, poichè tali ultime parole erano collocate al di fuori del testamento, l'intervento di un estraneo non aveva inciso minimamente sulla libertà di determinazione del *****;

invero il documento in questione conteneva più atti volitivi, essendo in esso enucleabili sia le disposizioni aventi natura testamentaria sia l'impegno del ***** di donare subito metà dei suoi beni alla *****, come puntualmente era avvenuto dopo quattro giorni con la stipula del contratto di donazione recante il "modus" a carico della donataria di accudire il donante.

La Corte territoriale ha quindi concluso che, poichè l'art. 602 c.c., richiede l'autografia delle sole disposizioni testamentarie e non di altre disposizioni estranee alle prime, in applicazione del principio generale di conservazione della volontà espressa dal testatore non poteva ritenersi la nullità di un siffatto testamento olografo sulla base di una "ratio legis" afferente alla disposizione sulle forme non prevista espressamente dalla norma.

Tale convincimento è pienamente condivisibile.

E' opportuno riferirsi all'art. 602 c.c., che prescrive che il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore, e che la sottoscrizione deve essere posta alla fine della disposizione.

Tale precetti sono chiaramente finalizzati a garantire la libera determinazione del testatore e quindi ad evitare ingerenze esterne che possano incidere, in tutto o in parte, sulla autonoma formazione e manifestazione della volontà di disporre del testatore medesimo.

Poichè dunque del requisito dell'autografia del testamento olografo garantisce la certezza della riferibilità delle disposizioni testamentarie al testatore, un eventuale intervento di un terzo all'atto della redazione della scheda testamentaria mediante l'inserimento anche di una sola parola di mano diversa dal testatore comporterebbe l'effetto di escludere l'olografia con conseguente nullità del testamento (Cass. 7.7.2004 n. 12458).

A diverse conclusioni deve invece giungersi nell'ipotesi - ricorrente nella fattispecie - della presenza di uno scritto riferibile ad un terzo posto al di fuori delle disposizioni testamentarie e dopo la sottoscrizione del testatore.

In tal caso invero il requisito dell'autografia del testamento olografo è rispettato, essendosi in presenza di una disposizione di ultima volontà interamente redatta e sottoscritta di suo pugno dal testatore anche se il documento in cui è stato stilato il testamento contiene uno scritto di mano di terzi in una parte diversa da quella contenente la disposizione testamentaria; invero la nullità del testamento olografo ricorre soltanto allorchè l'intervento del terzo avvenga mediante l'inserzione anche di una sola parola di sua mano nel corpo della disposizione di ultima volontà eliminando così il carattere di stretta personalità del testamento ed interferendo sulla volontà di disporre del testatore (Cass. 5.8.2002 n. 11733);

diversamente opinando, tra l'altro, si giungerebbe alla illogica conclusione di ritenere la nullità del testamento olografo per la presenza in esso, dopo la sottoscrizione della scheda testamentaria da parte del testatore, di aggiunte fatte da terzi interessati a togliere valore a quelle disposizioni. Deve quindi ritenersi che il principio dell'autografia previsto dall'art. 602 c.c., per le sole disposizioni testamentarie e non per altre disposizioni estranee alla scheda testamentaria, non impedisce che nell'ambito di uno stesso documento siano enucleabili da un lato un testamento olografo pienamente rispondente ai requisiti previsti dalla suddetta norma e dall'altro lato altri scritti di mano di un terzo apposti dopo la sottoscrizione del testatore (quindi in una parte del documento diversa da quella occupata dalla disposizione testamentaria) che come tali non possono inficiare la validità della scheda testamentaria autonomamente redatta da quest'ultimo, essendo tali scritti inidonei a pregiudicare la libertà di determinazione del testatore; il diverso assunto dei ricorrenti, quindi, si basa sul presupposto di una pretesa impossibilità di configurare in un documento cartaceo contenente un testamento olografo degli scritti riferibili alla mano di un terzo apposti dopo la sottoscrizione del testamento stesso, e quindi è frutto di una erronea interpretazione dell'art. 602 c.c., che invero sia dal punto di vista testuale sia da quello della "ratio legis" non prevede affatto, sul piano formale, che il documento contenente il testamento olografo genuinamente redatto nel rispetto del requisito dell'autografia non possa contenere anche scritti di mano di un terzo apposti dopo la sottoscrizione del testatore, come tali inidonei ad inficiare la volontà di disporre da parte di quest'ultimo.

Con riferimento poi alla censura dei ricorrenti secondo cui, contrariamente all'assunto della sentenza impugnata, la frase scritta da mano diversa dal testatore rinvenuta nel documento in questione dopo la firma da parte del ***** sarebbe riferibile alla ***** che aveva apposto la sua sottoscrizione nel documento stesso, occorre osservare che la Corte territoriale, dopo aver affermato che il consulente grafico aveva concluso per l'autografia di tutta la scheda testamentaria nonchè della prima parte della frase apposta dopo la sottoscrizione da parte del testatore e che il consulente ***** aveva invece escluso l'autografia della parte finale della frase suddetta, ha poi ritenuto che non vi era alcuna prova che l'autrice dello scritto leggibile dopo la firma del ***** fosse la *****; pertanto la censura al riguardo sollevata dai ricorrenti è inammissibile perchè, risolvendosi nella dedotta inesatta percezione da parte del Giudice di appello di circostanze presupposte come base del suo ragionamento in contrasto con quanto risulterebbe dagli atti del processo, prospetta un errore denunciabile con il mezzo della revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4.

Sulla base delle considerazioni esposte deve conseguentemente ritenersi infondato il profilo di censura riguardante la mancata declaratoria di indegnità della C. ex art. 463 c.c., n. 5, per asserita alterazione del testamento olografo redatto dal *****; al riguardo infatti la sentenza impugnata ha ritenuto logicamente insussistente la dedotta indegnità avendo accertato che non vi era prova alcuna che le parole aggiunte nella scheda testamentaria fossero state vergate dalla ***** e soprattutto avendo ritenuto che esse non attenevano al testamento vero e proprio, le cui disposizioni erano integre. Resta infine da esaminare il profilo di censura relativo alla mancata declaratoria di indegnità della ai sensi dell'art. 463 c.c., n. 4, per aver indotto con dolo il ***** a redigere un testamento in suo favore; in proposito la Corte territoriale alla luce di una esauriente disamina degli elementi probatori acquisiti ha risolutamente escluso la prova della sussistenza di fatti rilevanti al riguardo; invero sulla base delle deposizioni testimoniali ha ritenuto che non era emersa la circostanza secondo cui la ***** si sarebbe qualificata come assistente sociale, ed ha aggiunto, quanto alla promessa della ***** di sposare il ***** ed all'affermazione che avrebbe abbandonato il marito, che tali fatti erano emersi dalle deposizioni della teste *****, palesemente inattendibile (avendo riferito altre circostanze sfavorevoli alla ***** smentite da altri tre testi), e dalle dichiarazioni della *****, che peraltro non erano state rese in giudizio nel contraddittorio delle parti, cosicchè assumevano un valore meramente indiziario; inoltre il Giudice di appello, ritenuto correttamente alla luce dell'orientamento consolidato da questa Corte che ai fini della declaratoria di indegnità ex art. 624 c.c., n. 4, occorre la ricorrenza di mezzi fraudolenti i quali siano idonei a trarre in inganno il testatore suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata, ha affermato che dalle deposizioni dei testi e dalle dichiarazioni raccolte dal consulente medico - legale era risultato che il *****, dopo essere rimasto vedovo, aveva ripetutamente espresso la volontà di beneficiare con il suo patrimonio la donna che si fosse presa cura di lui, come poi si era verificato una volta incontrata la ***** che gli aveva prestato assistenza materiale e morale; pertanto i comportamenti ascritti dagli appellanti alla *****, anche se fossero stati provati, non avrebbero avuto alcuna incidenza sulla volontà del testatore come sopra enunciata. Si è quindi in presenza di un accertamento di fatto sorretto da motivazione esauriente e priva di vizi logici, come tale immune dalle censure sollevate dai ricorrenti.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese (relative soltanto alla partecipazione all'udienza di discussione del difensore della parte intimata) seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento di Euro 100,00, per spese e di Euro 1.000,00, per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2008.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2008