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Solo il comportamento abnorme esclude l'infortunio in itinere (Cassazione 11417/09)

Materia: Sentenze - Fonte: Cassazione - 07.07.2009
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Abstract: L'atto volontario posto in essere con imprudenza, negligenza o imperizia, ma comunque motivato da finalità produttive, non vale ad interrompere il nesso fra l'infortunio e l'attività lavorativa



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(Per l'infortunio in itinere si veda anche Cassazione 12326/09 nonchè qui).

 

* * *

 

 

Affinchè possa escludersi l'infortunio in itinere e la disciplina collegata viene richiesto:

 

a) che il lavoratore ponga in essere un atto abnorme, nel senso di arbitrario ed estraneo alle finalità produttive;

 

b) che il comportamento del lavoratore sia motivato da impulsi meramente personali (quali non possono qualificarsi le iniziative, pur incongrue ed anche contrarie alle direttive del datore di lavoro, ma motivate da finalità produttive);

 

c) che l'evento conseguente all'azione del lavoratore non abbia alcun nesso di derivazione con l'attività lavorativa.

 

* * * 

Cass. civ. Sez. lavoro, 18-05-2009, n. 11417

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATTONE Sergio - Presidente

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere

Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere

Dott. MELIADO' Giuseppe - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5957/2006 proposto da:

***** elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, che lo rappresenta e difende, giusta mandato in calce al ricorso; - ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato *****, giusta mandato in calce al controricorso; - controricorrente -

avverso la sentenza della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 06/05/2005 R.G.N. 1356/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 02/04/2009 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO';

udito l'Avvocato *****;

udito l'Avvocato ***** per delega *****;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 8.4/6.5.2005 la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Lucca del 15.10.2002 che aveva rigettato la domanda proposta da ***** ai fini del riconoscimento dell'indennizabilità dell'infortunio sul lavoro occorsogli il ***** e dell'adozione di ogni pronuncia accessoria e conseguente.

Osservava in sintesi la corte territoriale che la situazione di grave rischio in cui si era venuto a trovare il ***** e che aveva causato l'infortunio era stata determinata da una sua scelta volontaria e per nulla necessitata, non avendo lo stesso alcun ragionevole motivo per seguire il tragitto prescelto (che in altre occasioni il lavoratore aveva cercato di imboccare, venendo "fermato in tempo" da altro dipendente, che lo aveva dissuaso dal percorrerlo, in quanto scosceso e con una curva in forte pendenza), anzichè la via ordinaria, seguita in occasione di precedenti trasporti. Sicchè nella il fattispecie ricorreva l'ipotesi del rischio elettivo, escludente, come noto, l'indennizzabilità dell'infortunio.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso ***** con due motivi. Resiste con controricorso l'INAIL.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, svolto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente lamenta che i giudici di merito hanno erroneamente ritenuto di ravvisare nei fatti per cui è processo la fattispecie del rischio elettivo, essendosi l'infortunio verificato lungo l'unica strada nell'occasione percorribile, in quanto il percorso normalmente seguito era ostruito da diversi veicoli parcheggiati nel piazzale antistante la cantina mentre il viottolo imboccato era libero e, comunque, costituiva uno dei percorsi alternativi per uscire dall'azienda.

Con il secondo motivo, svolto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente prospetta che la corte toscana non ha tenuto conto dei precedenti giurisprudenziali specifici sulla questione di diritto prospettata e che la sentenza di prime cure, comunque, non aveva fatto alcuna menzione del rischio elettivo, avendo rigettato la domanda per asserito svolgimento di un'attività funzionale ad un suo esclusivo interesse.

Il primo motivo è fondato.

Costituisce orientamento interpretativo acquisito di questa Suprema Corte che il rischio elettivo, quale limite all'indennizzabilità degli infortuni sul lavoro, è ravvisabile, per richiamare una definizione sintetica ricorrente, solo in presenza di un comportamento abnorme, volontario ed arbitrario del lavoratore, tale da condurlo ad affrontare rischi diversi da quelli inerenti alla normale attività lavorativa, pur latamente intesa, e tale da determinare una causa interruttiva di ogni nesso fra lavoro, rischio ed evento secondo l'apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (cfr. ad es. Cass. n. 15047/2007; Cass. n. 15312/2001; Cass. n. 8269/1997; Cass. n. 6088/1995).

Più in particolare, per configurare il rischio elettivo secondo la definizione descritta, viene richiesto: a) che il lavoratore ponga in essere un atto non solo volontario, ma anche abnorme, nel senso di arbitrario ed estraneo alle finalità produttive; b) che il comportamento del lavoratore sia motivato da impulsi meramente personali, quali non possono qualificarsi le iniziative, pur incongrue ed anche contrarie alle direttive del datore di lavoro, ma motivate da finalità produttive; c) che l'evento conseguente all'azione del lavoratore non abbia alcun nesso di derivazione con l'attività lavorativa.

Nel concorso di tali situazioni, che qualificano in termini di abnormità la causa iniziale della serie produttiva dell'evento infortunistico, il rischio elettivo si distingue, quindi, dall'atto colpevole del lavoratore, e cioè dall'atto volontario posto in essere con imprudenza, negligenza o imperizia, ma che, motivato, comunque, da finalità produttive, non vale ad interrompere il nesso fra l'infortunio e l'attività lavorativa e non ne esclude, pertanto, la indennizzabilità.

A tale indirizzo interpretativo non si è attenuta la decisione impugnata, la quale ha omesso di considerare che l'infortunio si è realizzato a fronte di un comportamento del lavoratore che, sebbene imprudente, era , comunque, ricollegabile alle finalità aziendali, essendo l'infortunio avvenuto nell'espletamento dell'attività lavorativa ed in conseguenza di una scelta (quale quella di percorrere, fra i due sentieri di accesso all'azienda, quello più scosceso), che, sebbene non necessitata, ed anzi evitabile, non risultava del tutto estranea alle finalità lavorative e non corrispondeva solo ad esigenze meramente personali.

In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata - assorbito il secondo motivo - va cassata e rinviata a contiguo giudice territoriale, il quale, nel decidere la domanda proposta, si atterrà al principio di diritto indicato e provvederà anche in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bologna anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 2 aprile 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2009