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La non terzietà dell'erede nei contratti conclusi dal de cuius (Cassazione 13968/09)

Materia: Sentenze - Fonte: Cassazione - 27.07.2009
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Abstract: Viene ribadito il principio sancito da Cass. n. 4282 del 15/05/1997.
Cassazione



(già pubblicato in www.civile.it/eredita)

 

* * *

In caso di eredità,

 

l'erede, morto il dante causa stipulante, non può essere ritenuto terzo rispetto al negozio nel quale assume la veste di un suo dante causa, e quindi tutti i diritti gli obblighi inerenti al medesimo per effetto della stipula

 

In particolare, in tema di contratti aventi ad oggetto un bene immobile, 

 

l'erede, continuando la personalità de "de cuius", diviene parte del contratto concluso dallo stesso, per cui egli resta vincolato al contenuto de contratto medesimo, ancorchè questo non sia stato trascritto. Pertanto, l'opponibilità dell'acquisto di un immobile nei confronti dell'erede del venditore si sottrae, ... alle regole dell'art. 2704 cod. civ., in tema di certezza della data della scrittura privata (Cass. n. 4282 del 15/05/1997).

 

Renato Savoia, www.renatosavoia.com

 

* * *

 

Cass. civ. Sez. II, 16-06-2009, n. 13968

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo - Presidente

Dott. SCHERILLO Giovanna - Consigliere

Dott. BURSESE Gaetano Antonio - rel. Consigliere

Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9451/2006 proposto da:

*****, elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, rappresentato e difeso dagli avvocati *****, *****; - ricorrente -

contro

*****, elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, rappresentato e difeso dall'avvocato *****; - controricorrente -

e contro

*****,*****,*****; - intimati -

avverso la sentenza n. 351/2005 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 12/05/2009 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l'Avvocato *****, difensore del ricorrente che ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito l'Avvocato *****, difensore del resistente che ha chiesto rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 14.01.1992 ***** citava in giudizio avanti al tribunale di Siena, *****, *****, *****, e ***** quali coeredi di *****, chiedendo, ai sensi dell'art. 2932 c.c., la pronuncia di trasferimento della proprietà di un appezzamento di terreno con sovrastante casa colonica siti nel Comune di Siena, in quanto promessi in vendita dal loro dante causa, sulla base di più contratti preliminari dallo stesso conclusi con esso attore a mezzo dei suoi procuratori speciali, ***** e *****.

Deduceva di avere completato i pagamenti convenuti, tranne che per la somma di L. 20.000.000 da pagarsi, come da accordi intercorsi, contestualmente alla stipula dell'atto notarile, previa cancellazione dell'ipoteca gravante sui beni in questione.

Precisava il ***** che la propria domanda traeva origine da un primo contratto preliminare di vendita datato ***** (corredato da successiva postilla in data ***** con la quale veniva concordato un aumento delle superficie in vendita), integrato da procura speciale a vendere del ***** autenticata dal notaio Romano Ceccherini, nonchè da altra scrittura privata in data 18.12.84 con la quale si conveniva di aggiungere altre particelle e si stabiliva un aumento del prezzo complessivo. Infine, con un'ultima scrittura privata del 30.1.85 le parti, richiamati i precedenti preliminari, in funzione riepilogativa delle pregresse pattuizioni, addivenivano alla ricognizione definitiva dell'oggetto della compravendita ed alla definizione del prezzo complessivo in L. 240.000.000. Il ***** deduceva quindi che aveva provveduto ai versamento del prezzo convenuto (salvo la somma da versarsi ai rogito, ma, che, deceduto nel ***** il promettente venditore, riceveva nel ***** una lettera del legale degli eredi di costui con cui gli veniva ingiunto di lasciare libero il podere, di talchè riteneva di dover convenire in giudizio gli stessi coeredi dell' ***** chiedendo, ai sensi dell'art. 2932 c.c., il trasferimento della proprietà del compendio immobiliare in questione.

Si costituivano i convenuti (salvo *****) opponendosi all'avversaria domanda, deducendo, in specie, che il ***** aveva sottoscritto il preliminare del ***** e la successiva postilla del ***** in nome e per conto del promettente venditore senza averne i poteri di rappresentanza, che invero gli erano stati conferiti unitamente al *****, soltanto successivamente con la procura notarile del *****; che l'atto ricognitivo asseritamente compilato in data ***** era da essi disconosciuto in quanto privo dì data certa ad essi opponibile.

Nella prima udienza successiva alla costituzione dei convenuti, il ***** produceva a delega in data ***** a firma del promettente venditore ***** per la vendita dei poderi *****, la cui sottoscrizione veniva però prontamente disconosciuta degli stessi convenuti. A seguito di richiesta di verificazione della scrittura prodotta, si disponeva CTU grafica che accertava l'autenticità della sottoscrizione in parola, conclusione questa contestata dai convenuti, che chiedevano la rinnovazione del mezzo istruttorio. Espletata la prova per testi e costituitasi in giudizio anche *****, fin allora rimasta contumace, la causa veniva decisa con sentenza n. 20/2001 con la quale il Tribunale accoglieva la domanda attrice e dichiarava, in specie, il trasferimento all'attore della proprietà del cespite immobiliare in questione, subordinandone l'effetto traslativo al pagamento della residua somma di L. 61.500.000, con rivalutazione monetaria ed interessi.

Per la riforma della predetta sentenza, ricorreva in appello *****, mentre autonoma impugnazione proponevano ***** e *****. Resisteva il ***** avanzando contestuale appello incidentale, con riguardo, all'ammontare delle somma da corrispondere ulteriormente ai fini dell'effetto traslativo della sentenza, nonchè alla correzione di un errore relativo al numero di una particella catastale oggetto de trasferimento immobiliare in questione.

L'adita Corte d'Appello di Firenze, previa riunione delle impugnazioni proposte dagli *****, con sentenza n. 351/2005, in parziale riforma dell'appellata decisione, in accoglimento dell'appello incidentale proposto dal *****, riduceva l'importo della somma da versarsi ai fini de trasferimento della proprietà dell'immobile, e rettificava altresì il numero della particella catastale individuante il cespite immobiliare trasferito; compensando le spese processuali tra l'appellato e ***** e condannando infine gli appellanti a pagamento delle spese del grado. Avverso la suddetta decisione propone ricorso per cassazione ***** sulla base di n. 4 mezzi; resiste con controricorso il *****; gli altri intimati non hanno proposto difese.

Motivi della decisione

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1387, 1388, 1389, 1396, 1398, 1399 e 2932 c.c. e art. 217 c.p.c.; nonchè l'omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

A suo avviso la Corte fiorentina ha fondato la sentenza di trasferimento della proprietà del cespite a favore dei ***** su di un documento, costituto dalla delega (apparente) datata ***** in relazione a cui (nonostante la complessa ed articolata istruttoria espletata), lo stesso giudice di prime cure aveva ritenuto irrilevante ogni questione al punto da omettere qualsiasi decisione al riguardo e polarizzando viceversa il proprio convincimento unicamente sulla procura notarile autenticata del *****, a cui attribuiva erroneamente il significato di "reiterazione e migliore esplicitazione del contratto preliminare del *****".

Osserva il Collegio che la censura di cui trattasi si risolve in realtà in un'istanza di riesame nel merito, come tale inammissibile.

Peraltro si rileva che quanto alla "procura notarile" del *****, il mancato esplicito richiamo in essa delle precedenti pattuizioni, probabilmente era dovuto - come puntualmente sottolineato dal giudice a quo - solo a motivazioni di ordine pratico, come ampiamente chiarito dallo stesso notaio ***** nella sua esaustiva dichiarazione testimoniale, con cui ha ribadito peraltro che ***** era ben al corrente della vicenda in esame e si occupava personalmente dei propri interessi e del suo patrimonio, come del resto confermato dalla lettera del proprio legale avv. ***** con la quale aveva sollecitato dal ***** la redazione dei rogito.

Invero non ha quindi significato insistere - come fa il ricorrente - sulla procura del *****, per quel che riguarda la veridicità della sottoscrizione e della data certa della stessa, essendo indubitabile che la successiva procura autenticata dal notaio, anche se non poteva considerarsi alla stregua di una vera e propria ratifica dei precedenti atti, certamente aveva abilitato gli stessi procuratori a stipulare con il ***** l'atto riassuntivo e riepilogativo delle pattuizioni anteriori, qual è appunto l'atto del *****, atto che quindi ben potrebbe costituire da solo il fondamento giuridico del contratto preliminare in questione. Da tutto ciò potrebbe evincersi, in altre parole - come sottolineato dal controricorrente - la non essenzialità, ai fini della decisione, della delega del ***** ed anzi la sostanziale inutilità dell'intera discussione sollevata su tale specifico punto dagli eredi *****.

Premesse tali considerazioni, appare parimenti infondata la seconda parte della censura concernente la critica alla CTU espletata, con la quale il ricorrente lamenta che il perito avrebbe esaminato scritture non ammesse per la comparizione ovvero ne avrebbe omesso l'esame di altre. La doglianza stessa è ricollegabile con quella espressa nel 3 motivo del ricorso, con cui il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 157 e 217 c.p.c. e art. 1334 c.c.; nonchè l'omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, riproponendo le eccezioni di nullità relative alla CTU grafica espletata con riguardo ai mancato utilizzo di alcune scritture di comparazione. Si tratta di doglianze prive di fondamento, che involgono questioni di fatto, risolte dal giudice di merito con congrua e ampia motivazione, priva di vizi logici; la corte territoriale ha invero puntualmente evidenziato come il perito avesse in concreto utilizzato ai fini della comparazione ben 14 sottoscrizioni, apposte dal de cuius nell'arco di tempo dal 1982 al 1984, sottolineando peraltro l'ineccepibile logicità delle conclusioni cui era pervenuto lo stesso CTU. Si rileva in proposito - come precisato da questa Corte - che "nel procedimento di verificazione di cui agli artt. 214 e 215 cod. proc. civ.....il giudice di merito - che ha il compito di stabilire quali scritture debbano servire da comparazione - non è vincolato da alcuna graduatoria tra le fonti di accertamento della autenticità, essendo utilizzabili, per il cosiddetto principio generale dell'acquisizione della prova, anche le scritture prodotte dalla parte diversa da quella che ha proposto l'istanza di verificazione; al riguardo l'idoneità di una scrittura privata alla funzione di comparazione richiede il dato positivo del riconoscimento espresso ovvero tacito per non esserne stata mai contestata l'autenticità, mentre l'inidoneità a fornire la prova dell'autenticità della scrittura o della sottoscrizione disconosciuta si riflette sull'esito dell'istanza di verificazione senza determinarne l'inammissibilità" (Cass. Sez. 2, n. 17794 del 06/09/2005).

Passando all'esame del 2 motivo, con esso il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2704 c.c. (data della scrittura privata) e art. 2697 c.c. e art. 217 c.p.c.; nonchè l'omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. A suo avviso la Corte d'appello ha errato laddove non ha ritenuto che gli eredi del promissario venditore non fossero terzi ai fini della prova della datazione delle scritture private del *****, con ogni conseguenza sul piano probatorio ai fini della "data certa". Quindi, per il ricorrente, non vi sarebbe alcuna prova che la delega del ***** fosse stata rilasciata con data certa ex art. 2704 c.c., prima della stipula del preliminare di vendita, in cui non vi è alcuna esplicita menzione di tale delega. Anche in tal caso la Corte territoriale ha congruamente motivato la propria decisione, sottolineando ...."che l'erede, morto il dante causa stipulante, non può essere ritenuto terzo rispetto al negozio nel quale assume la veste di un suo dante causa, e quindi tutti i diritti gli obblighi inerenti al medesimo per effetto della stipula"; tutto ciò in conformità con l'orientamento giurisprudenziale di questa S.C. secondo cui "l'erede, continuando la personalità de "de cuius", diviene parte del contratto concluso dallo stesso, per cui egli resta vincolato al contenuto de contratto medesimo, ancorchè questo non sia stato trascritto. Pertanto, l'opponibilità dell'acquisto di un immobile nei confronti dell'erede del venditore si sottrae, ... alle regole dell'art. 2704 cod. civ., in tema di certezza della data della scrittura privata"... (Cass. n. 4282 del 15/05/1997).

Con il 4 motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223 e 1224 c.c., art. 1277 c.c., e segg., artt. 1282, 1460, 1499 e 2697 c.c.; nonchè l'omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, con riguardo all'entità della somma ancora da versare ed al pagamento degli interessi e della rivalutazione. Si sostiene che mancherebbe la prova dell'entità della somma versata, con riguardo sia ai pagamenti fatti a mezzo assegni bancari che alle persone che tali pagamenti avevano ricevuti.

La doglianza non è fondata. Invero anche in ordine a tale rilievo il giudice di merito ha ampiamente e congruamente motivato, sia con riguardo alle quietanze rilasciate dai procuratori che alla mancanza di messa in mora del promittente acquirente da parte dei ricorrenti o del loro dante causa. Peraltro la censura in merito alla debenza degli interessi è generica e non autosufficiente in quanto si limita a sottolineare, senza aggiungere altro, l'"evidenza" dell' errore in cui sarebbe incorso il giudice a quo, senza illustrare in che cosa lo stesso errore consistesse.

In conclusione ed in sintesi il ricorso dev'essere rigettato; le spese processuali - liquidate come in dispositivo - seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte, rigetta del ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 5.200.00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2009.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2009