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Il trattamento tributario in ipotesi di successione per rappresentazione (Ag. Entrate - Risoluzione 8/E)
Materia: Normativa - Fonte: Agenzia delle Entrate - 16.02.2010 Condividi su Facebook |
RISOLUZIONE N. 8/E
Direzione Centrale Normativa
Roma, 12 febbraio 2010
Con la consulenza giuridica in esame, concernente l’interpretazione dell’articolo 2, comma 48, del decreto legge n. 262 del 2006 è stato esposto il seguente
Quesito
E’ stato chiesto di conoscere quale sia il trattamento da riservare, ai fini dell’imposta sulle successioni, alle devoluzioni attribuite al chiamato all’eredità per rappresentazione in base all’articolo 467 e seguenti del codice civile.
Il caso rappresentato riguarda la successione per rappresentazione ad un soggetto da parte dei suoi nipoti, figli di un fratello premorto. In particolare, è stato chiesto se, ai fini della determinazione della base imponibile, ai nipoti possa essere applicata la franchigia di cui all’articolo 2, comma 48, lettera a-bis), del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modifiche, dalla legge del 24 novembre 2006, n. 286, spettante all’avente diritto in qualità di fratello del de cuius (100.000 euro).
Soluzione interpretativa prospettata dall’istante
Secondo l’istante, la franchigia di cui trattasi, spettante teoricamente al fratello premorto, può essere fruita in parti uguali dai soggetti che subentrano allo stesso fratello per rappresentazione (nipoti), in base alle disposizioni dell’articolo 467 del codice civile.
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Parere dell’Agenzia
Al riguardo, in via preliminare, si fa presente che l’articolo 2, comma 48, del decreto-legge n. 262 del 2006, e successive integrazioni e modificazioni, stabilisce che: “I trasferimenti di beni e diritti per causa di morte sono soggetti all’imposta di cui al comma 47 con le seguenti aliquote sul valore complessivo netto dei beni:
a) devoluti a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro: 4 per cento;
a-bis) devoluti a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente per ciascun beneficiario, 100.000 euro: 6 per cento;
b) devoluti a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 6 per cento;
c) devoluti a favore di altri soggetti: 8 per cento”.
La reintroduzione dell’imposta sulle successioni ha comportato modifiche alle aliquote applicabili in precedenza, nonché sostanziali novità al sistema delle franchigie, le quali, attualmente, sono le seguenti:
1)
1.000.000 di euro per le devoluzioni in favore del coniuge e dei parenti in linea retta;
2)
100.000 euro per le devoluzioni in favore dei fratelli e delle sorelle.
La legge finanziaria per il 2007 ha introdotto, altresì, una franchigia di 1.500.000 euro in favore dei beneficiari che siano portatori di handicap, riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, a prescindere dal legame di parentela intercorrente con il dante causa.
Nei limiti di tali franchigie, pertanto, è esclusa l’applicazione dell’imposta di successione (cfr. Circolare del 22 gennaio 2008, n. 3).
Dal quadro normativo testé delineato deriva che l’imposta sulle successioni si applica con riguardo alle devoluzioni a favore degli eredi e legatari
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e trova applicazione limitatamente al valore della quota o dei beni agli stessi attribuiti eccedente la franchigia eventualmente spettante in base al rapporto di coniugio ovvero al grado del rapporto di parentela intercorrente con il de cuius.
Atteso ciò, si osserva che l’articolo 467 del codice civile dispone che “la rappresentazione fa subentrare i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato”.
Il successivo articolo 468 stabilisce, altresì, che la “rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli legittimi, legittimati e adottivi, nonché dei discendenti dei figli naturali del defunto e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto”.
Al riguardo si fa presente, preliminarmente, che per costante giurisprudenza di legittimità la disciplina civilistica di un istituto è applicabile al campo tributario qualora l’ordinamento tributario non disciplini autonomamente la materia con proprie norme, anche se derogatorie rispetto a quelle civilistiche.
Ciò posto, ai fini dell’imposta di successione, l’articolo 2, comma 48, del decreto-legge n. 262 del 2006, disciplina compiutamente i criteri per l’applicazione e la determinazione di tale imposta, fissando aliquote e franchigie differenti a seconda del rapporto di parentela intercorrente tra il de cuius e il beneficiario.
In particolare, in base alla predetta disposizione, il trattamento tributario è condizionato dal rapporto naturale (parentela o coniugio) esistente tra il de cuius e il beneficiario, indipendentemente dal titolo della chiamata all’eredità.
A tal fine la Commissione Tributaria Centrale (decisione n. 3418 dell’8 maggio 1990), sebbene in riferimento alla normativa previgente, ha affermato che una diversa interpretazione della norma, che dia rilevanza “…agli effetti della ‘rappresentazione’ comporterebbe ai fini tributari un inammisissibile ‘salto’ nel cosiddetto ‘ordine naturale di successione’ con una conseguente ed ingiustificata
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attenuazione della ratio del tributo successorio graduato…in ragione dell’ammontare dell’attivo ereditario, sul vincolo, più o meno stretto, di parentela esistente tra il dante causa e colui che in effetti è chiamato a godere dell’eredità”.
In senso conforme si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 6955 del 26 luglio 1994.
In ragione di quanto precede, la scrivente è del parere che, ai fini della determinazione della base imponibile e dell’aliquota applicabile, nell’ipotesi in cui il chiamato all’eredità subentri per rappresentazione, non occorre fare riferimento al rapporto esistente tra il de cuius e il rappresentato, bensì a quello intercorrente tra il primo e il rappresentante.
Ne consegue che al rappresentante verrà eventualmente riconosciuta la franchigia in base al suo rapporto di parentela con il de cuius.
Tale franchigia (ove spettante) competerà per intero a ciascuno dei rappresentanti.
In definitiva, nel caso di specie, considerato il rapporto di parentela tra il de cuius e i soggetti rappresentanti, non può essere riconosciuta alcuna franchigia, in quanto non trova applicazione la disposizione richiamata di cui all’articolo 2, comma 48, lettera a-bis), del decreto legge n. 262 del 2006.