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Il danno tanatologico, come danno ontologicamente autonomo dal danno alla salute (Cassazione 24679/09)

Materia: Sentenze - Fonte: Cassazione - 20.04.2010
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Abstract: Molti aspetti importanti trattati in questa pronuncia, forse sottovalutata. Pdf liberamente scaricabile.
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Aggiornamento del 25/05/11: si veda anche Cassazione n. 10107/11.


[Sul danno tanatologico si vedano anche: Cass. 79/10, Cass. 8360/10, Cass. Sez. Lav. 13672/10)

 

Così come per le notizie, anche per le sentenze capita che talvolta alcune, pur importantissime, passino sotto silenzio.

 

E' il caso, a mio modo di vedere, della decisione in commento, che ha avuto certamente una eco minore di quanto avrebbe meritato.

 

In quattro pagine, la terza Sezione  riesce a infilare, una dopo l'altra, una serie di affermazioni destinate a ripercuotersi sicuramente sul mondo del diritto e sull'applicazione quotdiana delle pratiche risarcitorie.

 

Si parte dalla premessa che  

 

è consolidata la giurisprudenza di questa Corte che ritiene contestuale la perdita della vita alla perdita della capacità giuridica, con il corollario della impossibilità di ricevere il credito risarcitorio della lesione della vita.

 

A questo punto, seguendo il ragionamento della Corte, due sono le strade possibili per colmare

 

il vuoto di tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimità che nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall'evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per la perdita della vita

 

1) una prima scelta consiste nel riconoscere comunque un danno morale trasmissibile iure hereditatis, alla vittima primaria, che sopravvive in condizioni di lucida agonia in consapevole attesa della fine. 

 

2) Una seconda scelta è quella del risarcimento del danno parentale come complesso pregiudizio, e come danno ingiusto proprio dei parenti.

 

Per quanto riguarda le poste di danno risarcibile:

 

a) per quel che attiene al danno patrimoniale diretto dei congiunti,

 

il criterio di normalità rende evidente l'apporto materiale e di sostegno, da valutare equitativamente, senza eccedere nel "non di meno", nei calcoli egoistici;

 

b) per quel che attiene alla componente del danno non patrimoniale da lutto, che colpisce nella specie di genitori e fratelli, la  stessa deve essere risarcita

 

essendo ritenuto il pregiudizio grave, secondo l'id quod plerumque accidit

 

e pertanto deve essere adeguatamente valorizzata all'interno del danno biologico iure proprio

 

"poichè la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza, del soggetto (superstite) che l'ha subita, altro non sono che componenti del complesso pregiudizio che va integralmente ed unitariamente considerato".

 

c) per quel che attiene infine al danno morale, occorre prestare attenzione alle sottovalutazioni, che spesso portano lo stesso a essere, erroneamente

 

 

meccanicamente tabellato come un male minore, rispetto ai parametri della salute.

 

* * *

 

In sintesi, nel caso di morte (ma possiamo anche pensare all'ipotesi di lesioni gravissime)

 

nel fatto dannoso in esame, si riscontra una componente patrimoniale autonomamente risarcibile in via equitativa, per le perdite economiche e di chances economica in un soggetto agli inizi della vita lavorativa, ed una componente non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale, che deve tener conto sìa della sofferenza psichica che del danno morale, senza duplicazioni di poste, ma con una valutazione unitaria di un complesso pregiudizio.

 

E ai fini della prova (aspetto su cui la Cassazione continua a prestare molta attenzione, già da Cassazione  SS.UU. 26972/08) dovrà essere prestata attenzione (dagli avvocati prima e dai giudicanti poi)

 

particolare rilievo della prova presuntiva, che potrà costituire anche la unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi di prova di rango inferiore ad altri.

 

Renato Savoia

 

* * * 

 

Cass. civ. Sez. III, 24-11-2009, n. 24679

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele - Presidente

Dott. PETTI Giovanni Battista - rel. Consigliere

Dott. CALABRESE Donato - Consigliere

Dott. TALEVI Alberto - Consigliere

Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24777/2005 proposto da:

*****, *****, *****, *****, elettivamente domiciliati in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato ***** giusta delega a margine del ricorso; - ricorrenti -

contro

***** SPA, in persona dell'***** nella sua qulità di Procuratore Speciale elettivamente domiciliata in ROMA, *****; - controricorrente -

e contro

MIN DIFESA ESERCITO,*****; - intimati -

avverso la sentenza n. 3277/2004 della CORTE D'APPELLO di ROMA, Sezione Terza Civile, emessa il 05/07/2004; depositata il 13/07/2004; R.G.N. 11063/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21/09/2 009 dal Consigliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

Svolgimento del processo

Il ***** alle ore 23,45 circa, sulla strada ***** in direzione di ***** la fiat uno dell'Esercito Italiano, condotta da ***** (proprietario il Ministero della Difesa) usciva di strada finendo contro un muretto. Il giovane militare *****, terzo trasportato, riportava lesioni mortali.

Con citazione dell'11 febbraio 1999 i parenti del defunto (i genitori ***** e ***** in proprio e per conto del minore *****, nonchè *****) convenivano dinanzi al tribunale di Roma il conducente *****, l'assicuratrice ***** ed il Ministero della difesa chiedendo il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non, conseguenti alla morte del giovane parente. Si costituiva l'assicuratrice contestando l'entità delle pretese risarcitorie, restavano contumaci le altre parti.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 28 gennaio 2002, accertava la responsabilità del conducente e condannava in solido i convenuti al pagamento di L. 122.526.314 in favore dei genitori e di L. 61.263.157 in favore dei fratelli, oltre che alla rifusione delle spese di lite.

Contro la decisione proponevano appello i parenti per la migliore liquidazione dei danni patrimoniali, biologici e non patrimoniali;

resisteva la sola assicuratrice chiedendo la conferma della decisione.

La Corte di appello di Roma con sentenza del 13 giugno 2004 così decideva: rigetta l'appello e condanna gli appellanti a rifondere le spese del grado all'assicuratrice.

Contro la decisione ricorrono i suddetti parenti con unico articolato motivo illustrato da memoria; resiste ***** con controricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso merita accoglimento per quanto di ragione in relazione agli errores in iudicando e in motivando su punti decisivi, segnalati nell'ampio e argomentato ricorso, in punto di risarcimento del danno parentale da morte del congiunto, anche alla luce dei principi di nomofilachia enunciati dalle Sezioni unite nel preambolo sistematico comune alle quattro sentenze gemelle del 2008 nn 26972 a 75.

Riassumendo gli argomenti a sostegno dei motivi (illustrati da ampia memoria) essi mettono in evidenza:

1. la illogica esclusione del danno patrimoniale futuro del giovane carabiniere ausiliario, appena ventenne, sul rilievo della perdita del contributo economico che avrebbe potuto dare alla famiglia cui era legato da un rapporto affettivo di convivenza. (Si citano come precedenti. Cass. 1999 n. 10733 e 13336);

2. la ingiusta esclusione del riconoscimento del credito risarcitorio per la lesione mortale, ancorchè da morte immediata, come danno ingiusto proprio del defunto, da trasmettersi ius hereditatis (ff. 15 a 16 del ricorso,con citazione dei precedenti di merito favorevoli a tale tesi);

3. la ingiusta delimitazione del danno biologico parentale, come perdita parentale di natura non patrimoniale, liquidato in misura inadeguata e senza considerare la perdita della vita di relazione familiare;

4. la ingiusta e riduttiva liquidazione del danno morale dei congiunti, considerato come danno minore o pro quota del danno biologico.

In relazione a tali poste non patrimoniali si citano, comparativamente, altre migliori liquidazioni compiute dai giudici del merito.

Le censure toccano specificatamente tutti i punti della motivazione, e dunque appaiono circostanziate ed autosufficienti e meritevoli di accoglimento per quanto di ragione.

Occorre peraltro, in premessa, considerare il fatto dannoso come plurioffensivo, avendo determinato la perdita della vita, per decesso immediato, del giovane militare, carabiniere ausiliario, e per riflesso i danni diretti al nucleo familiare costituito dai genitori e da due fratelli di cui uno minorenne.

Le sezioni unite (consideriamo la prima sentenza n. 26972 de l 2008) prendono in considerazione il danno parentale conseguente alla morte, nel punto 4.9 del preambolo e quindi anche nel sesto esempio relativo a lesioni mortali seguite da una lucida agonia.

La filonomachia delle sezioni unite, che vincola questa sezione, attiene al riconoscimento ai familiari, che subiscono la perdita del rapporto parentale, in relazione a tutte le componenti del complesso pregiudizio, che deve essere integralmente ed unitariamente considerato, e per le componenti patrimoniali e per quelle non patrimoniali.

Non viene in esame, da parte delle sezioni unite, la questione degli effetti della morte immediata sulla perdita della capacità giuridica, nè la questione medico legale dell'accertamento della morte, ai sensi della L. 29 dicembre 1993, n. 578 e relativo regolamento per decreto del Ministro della Sanità e suscettibile di revisioni e adeguamenti allo stato della scienza biologica.

Quanto alla prima questione si osserva che è consolidata la giurisprudenza di questa Corte che ritiene contestuale la perdita della vita alla perdita della capacità giuridica, con il corollario della impossibilità di ricevere il credito risarcitorio della lesione della vita (cfr. sent. 1704 del 1997 e successive conformi);

quanto alla seconda questione, rilevante per la medicina legale, si osserva che la morte si identifica, per legge, con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dello encefalo, e dunque vale scientificamente la nozione di morte encefalica cerebrale. Sulla base di questa legge, ancor oggi vigente, il processo di morte biologica è più amplio ma meno definitivo e irretrattabile rispetto allo accertamento di morte cerebrale, sicchè potrà darsi il caso in un cerebroleso che tuttavia conserva alcune funzioni dell'encefalo, e che pertanto resta in vita per un tempo sufficiente a conservare la capacità giuridica che pragmaticamente viene esclusa dai giudici, sulla base di una nozione empirica di morte immediata.

La lacuna o il vuoto di tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimità che nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall'evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per la perdita della vita, viene in parte colmata, secondo le sezioni unite (punto 4.9 in fine dal preambolo) mediante due scelte risarcitorie: una prima scelta consiste nel riconoscere comunque un danno morale trasmissibile iure hereditatis, alla vittima primaria, che sopravvive in condizioni di lucida agonia in consapevole attesa della fine. Una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità, anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale, nella sua nuova e più ampia accezione (precisata nel punto 2.10 del preambolo sistematico delle SS.UU. citate). Una seconda scelta è quella del risarcimento del danno parentale come complesso pregiudzio, e come danno ingiusto proprio dei parenti.

La ulteriore puntualizzazione (che le sezioni unite non compiono avendo considerato sistematicamente la categoria unitaria del danno non patrimoniale) attiene alla dicotomia con il danno patrimoniale c.d. riflesso, che i parenti subiscono come danno ingiusto iure proprio, e che possono domandare, come danno conseguenza, valorizzando le prove indiziarie ed i fatti di comune esperienza, se è vero che la Costituzione italiana accorda alla famiglia ed al matrimonio un ruolo ed un valore sociale e di solidarietà.

In questo quadro complesso, ancorchè insoddisfacente (come evidenzia la lunga diatriba sul testamento biologico e sulla autoderminazione in relazione alle scelte di fine vita) le sezioni unite offrono un quadro di tutela articolato, che consente alle vittime parentali un adeguato ristoro del complesso pregiudizio n integralmente ed unitariamente considerato".

Sul la base di tali premesse, sistematiche e condivise, occorre allora considerare le censure che sono state riassunte, considerandone ora più attentamente le argomentazioni:

1. appare fondata la censura in ordine alla esclusione delle poste risarcitorie patrimoniali come danno diretto ai congiunti: la Corte romana rifiuta tale posta risarcitoria ai genitori, sul rilievo che non è stata indicata la posizione economica degli stessi al fine di poter presumere la corresponsione degli alimenti o comunque di altre utilità economiche, da estendere ai fratelli. Tale motivazione appare insufficiente in relazione ad un principio di presunzione fondata sulla solidarietà e sulla liberalità propria di chi vive in famiglia e destina una parte dei primi guadagni alla comunione affettiva. Questo principio non esige una prova rigorosa, e la solidità economica della famiglia (padre infermiere e madre casalinga) prescinde dalla verifica di uno stato di bisogno o di benessere. Non è questo il punto relativo alla perdita delle chances patrimoniali, considerando quel particolare tipo di famiglia compatta ed aggregata, il criterio di normalità rende evidente l'apporto materiale e di sostegno, da valutare equitativamente, senza eccedere nel "non di meno", nei calcoli egoistici (cfr. Cass. 1637 del 2000 secondo una interpretazione più coerente).

Non può trovare accoglimento, per il vincolo di filonomachia, la richiesta del danno biologico da morte immediata, per la contraddizione in termini, pur dovendosi correggere l'affermazione contenuta nella motivazione della Corte romana (ff. 7) secondo cui la morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute poichè incide sul diverso bene giuridico della vita. Dal punto di vista biologico e invece falsa tale affermazione essendo invece il danno tanatologico la distruzione della integrità biopsichica, attraverso un processo naturale o un evento esterno accidentale. Se la sede della salute, come diritto soggettivo umano inviolabile è nell'art. 32 Cost.; la sede del diritto alla vita è nell'art. 2 in correlazione con l'art. 3, comma 2, posto che ciascuno ha diritto di vivere nel pieno sviluppo della persona umana e che la morte per mano altrui , lede questo bene esistenziale, ontologicamente autonomo dalla salute, intesa in senso di qualità biologica dell'essere umano.

La puntualizzazione in sede scientifica e di gerarchia dei valori, consente, nei casi di morte non immediata, quanto meno una comparazione equitativa, ai criteri di gravità della offesa e serietà del pregiudizio enunciati nel punto 3.11 del preambolo delle sezioni unite del 2008, ed è in relazione a tali criteri che il danno da sopravvivenza provvisoria o da morte in differita, dovrà essere stimato e liquidato. Nessuno infatti dubita, leggendo tale punto, che la gravità della offesa costituisce il requisito ulteriore per l'ammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali conseguenti alla lesione del diritto costituzionale inviolabile della vita.

Meritevole di accoglimento è anche la terza censura in relazione alla sottovalutazione del danno biologico iure proprio, che non è stato liquidato, in pieno contrasto con la sua definizione descrittiva, per la perdita del rapporto parentale, "poichè la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza, del soggetto (superstite) che l'ha subita, altro non sono che componenti del complesso pregiudizio che va integralmente ed unitariamente considerato".

Il criterio risarcitorio suggerito dalle Sezioni unite prescinde qui dalla prova del danno biologico proprio di una malattia psicofisica, essendo ritenuto il pregiudizio grave, secondo l'id quod plerumque accidit, del danno da lutto, che colpisce i genitori ed i fratelli, per la imprevedibile scomparsa del figlio maschio, che affronta da carabiniere il servizio militare, e che supera ampliamente la soglia della tolleranza e si qualifica come sofferenza psichica, senza trascendere a patologia.

Corollario: appare fondata anche la quarta censura, in ordine alla ridotta liquidazione dei danno morale, meccanicamente tabellato come un male minore, rispetto ai parametri della salute.

In conclusione, nel fatto dannoso in esame, si riscontra una componente patrimoniale autonomamente risarcibile in via equitativa, per le perdite economiche e di chances economica in un soggetto agli inizi della vita lavorativa, ed una componente non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale, che deve tener conto sìa della sofferenza psichica che del danno morale, senza duplicazioni di poste, ma con una valutazione unitaria di un complesso pregiudizio;

il giudice del merito dovrà inoltre considerare anche il suggerimento delle sezioni unite (punto 4.10) in ordine al particolare rilievo della prova presuntiva, che potrà costituire anche la unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi di prova di rango inferiore ad altri (vedi tra le tante Cass. sent. n. 9834 del 2002).

Quanto infine ai criteri per la rideterminazione del danno biologico parentale e del danno morale da reato (di omicidio colposo) il giudice del riesame terrà conto della gravità straordinaria della offesa (lesione della vita con danno parentale) e della serietà del pregiudizio, ben potendosi ispirare ai valori massimi delle tabelle attuariali dei tribunali (punto 3.11. delle sezioni unite).

Con le suddette puntualizzazioni il giudice del riesame, cui la causa è rinviata, dovrà attenersi ai principi che questa Corte enuncia conformandosi ai dicta delle sezioni unite ed ai punti del preambolo espressamente richiamati, attraverso la rilettura costituzionalmente orientata del l'art. 2059 cod. civ..

Il rinvio è ad altra sezione della Corte di appello di Roma che provvedere anche in ordine alle spese di questo giudizio di cassazione in di versa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2009