"Qualcuno ha descritto un cavillo come una questione di principio che abbiamo dimenticato"

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Il danno morale ? Non è (mai) morto, e lotta insieme a noi (Cass. ord. 19816/10)

Materia: Cassazione - Fonte: Cassazione - 07.10.2010
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Abstract: Basterà questa decisione della Cassazione a redimere i negazionisti ad oltranza?

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D'accordo, autocitarsi non è il massimo dello stile, ma a volte è l'unico modo per dimostrare di aver sempre sostenuto una certa tesi.

 

Per questo, mi permetto di richiamare il link al mio commento delle Sentenze di San Martino, originariamente uscito su Civile.it e Assicurativo.it il 14/11/08 e poi ripubblicato con un breve aggiornamento anche su questo sito, ove testualmente dicevo:


"Non sembrano corrette, a parere dello scrivente, le prime letture che si sono “stracciate le vesti” ipotizzando una scomparsa del danno c.d. morale.

 

La Cassazione, infatti, dice un'altra cosa.

 

Dice cioè che nel caso di degenerazioni patologiche della sofferenza e' sbagliato concedere in automatico due voci di danno, di cui una (danno morale) sotto forma di percentuale dell'altra (danno biologico), dovendo invece applicarsi una personalizzazione al momento della liquidazione del danno biologico.

 

Il che non fa una piega, nel momento in cui si dice che il danno biologico e il danno morale non sono due danni diversi ma due definizioni, che attengono profili diversi, della stessa voce di danno, che a questo punto e' il danno non patrimoniale (potremmo definirlo il “dannone” non patrimoniale).”

 

In questo stesso senso mi ero espresso nel corso di un podcast, pubblicato insieme a un breve commento che intitolavo: "Chi ha ucciso il danno morale (soprattutto: è stato ucciso)?", titolo da cui ho tratto evidentemente lo spunto anche per la titolazione odierna. 

 

 

Da allora più volte la lettura di altre sentenze della Cassazione ha fornito l'occasione di tornare sul punto. Per chi volesse seguire l'andamento cronologico della giurisprudenza segnalo:

 

- Cassazione 28407/08

 

- Cassazione 5057/09;

 

- Cassazione Sezioni Unite 3677/09;

 

- Cassazione 8669/09.

 

 

Adesso, con procedimento deciso in Camera di consiglio in quanto (attenzione!) manifestamente fondato, giunge l'ordinanza qui riprodotta in cui viene detto:

 

"Il diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali deriva da una precisa norma del codice civile (art. 2059 cod. civ.), che la L. n. 57 del 2001, non ha certo abrogato".

 

Non che sia un'affermazione eccezionale quanto a novità (anzi...), ma diventa di fondamentale importanza nel rapporto tra il danneggiato da un lato e la compagnia assicurativa dall'altro.

 

Ancora:

 

"il giudice deve comunque tenere conto - nel liquidare l'unica somma spettante in riparazione - di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto (danno alla vita, alla salute, ai rapporti affettivi e familiari, sofferenze psichiche, ecc.)."

 

 

E si conclude, l'ordinanza, con l'affermazione del seguente principio di diritto:

 

"La parte danneggiata da un comportamento illecito che oggettivamente presenti gli estremi del reato ha diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali, ai sensi dell'art. 2059 cod. civ., i quali debbono essere liquidati in unica somma, da determinarsi tenendo conto di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto (sofferenze fisiche e psichiche; danno alla salute, alla vita di relazione, ai rapporti affettivi e familiari, ecc.)".

 

La mia domanda è: basterà o ci sarà ancora bisogno di altro, per ritornare, de plano, a risarcire integralmente i danneggiati , ovverossia liquidando anche il danno morale?

 

O davvero si vogliono far intasare le aule di giustizia con richieste di risarcimento per il danno morale (rectius: danno non patrimoniale da sofferenza), considerato che a questo punto è  ormai chiaro che tali richieste dovranno inevitabilmente essere accolte?

 

                                                                                                    Renato Savoia 

 

* * *

 

 

Cass. civ. Sez. III, Ord., 17-09-2010, n. 19816

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario - Presidente

Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere

Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere

Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere

Dott. LANZILLO Raffaella - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9053/2009 proposto da:

*****, elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, rappresentato e difeso dall'avvocato *****, giusta procura speciale a margine del ricorso; - ricorrente -

contro

***** SPA, (nuova denominazione assunta dalla Compagnia di Assicurazioni ***** Spa), quale Società incorporante della ***** spa, in persona del suo procuratore ad negotia, elettivamente domiciliata in ROMA, *****, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato *****, giusta procura a margine del controricorso; - controricorrente -

e contro

***** SAS; - intimata -

avverso la sentenza n. 427/2008 del TRIBUNALE di FOGGIA del 20/02/08, depositata l'11/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l'avvocato *****, delega avvocato ***** difensore della controricorrente che si riporta ai motivi scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA che aderisce alla relazione scritta.

La Corte:

Svolgimento del processo

Il giorno 23 marzo 2010 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ.:

"1.- Con sentenza 20 febbraio - 11 marzo 2008 n. 427 il Tribunale di Foggia, in parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice di pace di Foggia, ha incrementato di Euro 309,46 oltre interessi la somma già liquidata in primo grado in risarcimento dei danni in favore di *****, a seguito di un incidente stradale addebitato a colpa esclusiva di *****, assicurato con la s.p.a. *****.

Il ***** propone tre motivi di ricorso per cassazione.

Resiste con controricorso ***** S.p.a. (già *****).

Il ***** non ha depositato difese.

2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 2059 cod. civ. e L. n. 57 del 2001, art. 5, nel capo in cui il giudice di appello gli ha negato il risarcimento dei danni morali - in relazione ad un sinistro che gli provocato lesioni personali - con la motivazione che la L. n. 57 del 2001, non prevede la liquidazione del danno morale.

2.1.- Il motivo è manifestamente fondato.

Il diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali deriva da una precisa norma del codice civile (art. 2059 cod. civ.), che la L. n. 57 del 2001, non ha certo abrogato.

L'art. 5 della suddetta legge si è limitato a dettare i criteri di liquidazione del danno biologico - cioè di quell'aspetto del danno non patrimoniale che afferisce all'integrità fisica - senza per questo escludere che, nella complessiva valutazione equitativa circa l'entità della somma spettante in risarcimento, il giudice debba tenere conto anche delle sofferenze morali subite dal danneggiato.

Le sentenze della Corte di cassazione a S.U. n. 26972 e 26973/2008 - citate dalla resistente - confermano tale principio, disponendo che non è ammessa la creazione di diverse tipologie autonome e a sè stanti di danno non patrimoniale (ed in particolare di quella del danno c.d. esistenziale), per attribuire una specifica somma in risarcimento di ognuna; ma che il giudice deve comunque tenere conto - nel liquidare l'unica somma spettante in riparazione - di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto (danno alla vita, alla salute, ai rapporti affettivi e familiari, sofferenze psichiche, ecc.).

La sentenza impugnata ha commisurato la liquidazione esclusivamente al c.d. danno biologico, escludendo espressamente la risarcibilità delle sofferenze morali conseguenti alle lesioni fisiche, sulla base dell'errata interpretazione delle norme richiamate dal ricorrente e deve essere per questa parte cassata.

3.- Il secondo motivo, con cui il ricorrente lamenta vizi di motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata ha quantificato i danni patrimoniali facendo pieno affidamento sulle conclusioni del CTU, è inammissibile, poichè attiene agli accertamenti in fatto ed alla valutazione delle prove da parte del giudice di merito, cioè a materia non suscettibile di riesame in sede di legittimità, ove risulti adeguatamente motivata, come è da ritenere nel caso di specie.

Il ricorrente non prospetta alcun vizio logico o giuridico intrinseco alla motivazione, tale da renderla incoerente o contraddittoria; solo dissente dalle conclusioni di merito alle quali è pervenuto il giudice di appello: aspetto in relazione al quale la sentenza impugnata non è suscettibile di censura (cfr., fra le tante, Cass. civ. 26 maggio 2005 n. 11197; Cass. Civ. 2 luglio 2008 n. 18119).

4.- Il terzo motivo, con cui il ricorrente censura la decisione sulle spese, risulta assorbito.

5.- Propongo che il ricorso sia deciso con procedimento in Camera di consiglio, con l'accoglimento del primo motivo, la dichiarazione di inammissibilità del secondo motivo; assorbito il terzo".

- La decisione è stata comunicata al Pubblico Ministero e ai difensori delle parti.

Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.

Motivi della decisione

1.- Il Collegio, all'esito dell'esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti esposti nella relazione.

2.- Il primo motivo di ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata, nel capo corrispondente al motivo accolto, ed il rinvio della causa al Tribunale di Foggia, in diversa composizione, affinchè decida la controversia uniformandosi al seguente principio di diritto: "La parte danneggiata da un comportamento illecito che oggettivamente presenti gli estremi del reato ha diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali, ai sensi dell'art. 2059 cod. civ., i quali debbono essere liquidati in unica somma, da determinarsi tenendo conto di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto (sofferenze fisiche e psichiche; danno alla salute, alla vita di relazione, ai rapporti affettivi e familiari, ecc.)". 3. - Il giudice di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di cassazione accoglie il primo motivo di ricorso;

dichiara inammissibile il secondo motivo e dichiara assorbito il terzo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Foggia, in diversa composizione, il quale deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.