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Solo l'erede e non il chiamato all'eredità risponde dei debiti del de cuius (Cass. Ord. 21101/10)
Materia: Sentenze - Fonte: Cassazione - 28.10.2010 Condividi su Facebook |
Ribadita la natura eccezionale della disposizione contenuta nell'art. 7 del d. lgs. 346/90, vale a dire: 1. 2. 2-bis. 2-ter. C 2-quater. 3. Sull’imposta determinata a norma dei commi 1 e 2 si applicano, quando ne ricorrono i presupposti, le riduzioni e le detrazioni stabilite negli articoli 25 e 26. 4. Fino a quando l’eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati, l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato. Quindi solo in questo caso e a questi fini, cioè di determinazione dell'imposta di successione, è lecito considerare i chiamati, non rinuncianti, come eredi. Altrimenti il principio è quello per cui solo l'erede, a seguito della confusione dei patrimoni, può rispondere delle obbligazioni (anche tributarie) del de cuius Renato Savoia * * * Cass. civ. Sez. V, Ord., 13-10-2010, n. 21101 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LUPI Fernando - Presidente Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Consigliere Dott. DI IASI Camilla - rel. Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 2032-2009 proposto da: *****, *****, *****, *****, elettivamente domiciliati in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, che li rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso; - ricorrenti contro AGENZIA DELLE ENTRATE; - intimata - avverso la sentenza n. 210/2007 della Commissione Tributaria Regionale di NAPOLI del 19.10.07, depositata il 30/11/2007; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI. E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS. Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. I fratelli *****, *****, ***** e ***** propongono ricorso per cassazione nei confronti dell'Agenzia delle Entrate (che è rimasta intimata) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per Irpef relativa all'anno 2003 emesso nei confronti della defunta genitrice ***** - nell'ambito della quale gli odierni ricorrenti sono stati chiamati in giudizio nella asserita qualità di eredi-, la C.T.R. Campania, in riforma della sentenza di primo grado, confermava l'avviso opposto, in particolare premettendo (per quel che in questa sede ancora rileva) che, pur verificandosi solo con l'accettazione la confusione patrimoniale tra de cuius ed erede, che fa nascere in capo a quest'ultimo la responsabilità per le obbligazioni tributarie del primo, i chiamati all'eredità possono essere legittimamente chiamati in causa per l'accertamento in sede contenziosa di un debito tributario contestato al de cuius. 2. L'unico motivo di ricorso (col quale si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 7, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65 nonchè artt. 549, 485, 486 e 752 c.c., rilevando che i ricorrenti non erano eredi ma solo chiamati all'eredità, che l'amministrazione non aveva provato la loro qualità di eredi e infine che la disposizione di cui al citato art. 7 - che prende i considerazione il chiamato all'eredità e non l'erede, salvo prova di rinuncia o di mancanza del titolo di erede legittimo o testamentario, è derogatoria dei principi del codice civile e non si applica ad ipotesi di obbligazioni tributarie diverse dalla imposta di successione) è manifestamente fondato. Giova infatti evidenziare che, come affermato nella sentenza impugnata, solo l'erede, a seguito della confusione dei patrimoni, può rispondere delle obbligazioni (anche tributarie) del de cuius e che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, "grava sull'amministrazione finanziaria creditrice del de cuius l'onere di provare l'accettazione dell'eredità da parte del chiamato, per potere esigere l'adempimento dell'obbligazione del suo dante causa" (v. Cass. n. 2820 del 2005), senza che possa in contrario invocarsi il D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 7, norma che, comportando una eccezione ai principi generali in tema di obbligazioni, è strettamente applicabile all'ipotesi in essa contemplata, ossia l'imposta di successione, ipotesi del tutto diversa da quella di un debito ereditario (nella specie, obbligazione tributaria del de cuius), dovendo peraltro evidenziarsi che il creditore che voglia ottenere l'accertamento giudiziale di un credito vantato nei confronti di un soggetto deceduto nel caso in cui non vi siano (ancora) eredi, può sempre proporre istanza di nomina del curatore dell'eredità giacente ex art. 528 c.c.. Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Campania.