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Il tempo libero,la felicità: aspirazioni semmai, non diritti... (Cassazione 9422/11)

Materia: Cassazione 9422/11 - Fonte: Cassazione - 23.05.2011
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Abstract: Confermata la contrarietà già sancita da SS. UU. 26972/08 e ss., alla risarcibilità dei "diritti immaginari"

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Siamo sicuri che fosse necessaria una sentenza della Casssazione, per affermare l'insussistenza di un diritto, vero e proprio, al tempo libero (e più in generale, alla felicità o alla serenità)?
 
Sul punto mi pare si fossero già espresse con sufficiente chiarezza le Sezioni Unite del novembre 2008, parlando apertamente di "diritti immaginari".
 
Peraltro, bisognerebbe  forse riflettere, su un fatto: mai come di questi tempi si è tanto parlato di diritto alla felicità, alla serenità, tanto da arrivare a chiedere una pronuncia di risarcimento dell'asserito diritto leso.
 
E mai come di questi tempi possiamo dire che di felicità o serenità (e anche di tempo libero, peraltro) in giro se ne vede gran poco.
 
Forse varrebbe la pena di rifletterci qualche istante...
 
                                                                                                      Renato Savoia
 
* * *

 

Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-04-2011, n. 9422

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo - Presidente

Dott. UCCELLA Fulvio - rel. Consigliere

Dott. CARLEO Giovanni - Consigliere

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere

Dott. GIACALONE Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9044/2009 proposto da:

*****, considerato domiciliato "ex lege" in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato *****, giusta delega in atti; - ricorrente -

contro

***** SPA (*****), considerato domiciliato "ex lege" in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato *****, giusta delega in atti; - controricorrenti -

avverso la sentenza n. 645/2008 della CORTE D'APPELLO di MILANO, Sezione Seconda Civile, emessa il 30/01/2008, depositata il 29/02/2008; R.G.N. 3367/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/03/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito il P.M. in persona dei Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso in via preliminare rinnovo comunicazione avviso udienza avvocato *****, in subordine rigetto.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 3 marzo 2005 il Tribunale di Milano in parziale accoglimento della domanda proposta da ***** volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguiti della illegittima sospensione di linee telefoniche urbane dal 19 settembre al 21 settembre 2001 nonchè per le errate informazioni fornite dal tecnico ***** sull'operatività della nuova linea ADSL *****, con conseguenti interventi sostitutivi, condannava la ***** al risarcimento degli stessi, escludendo il preteso danno per perdita del tempo libero, trattandosi, argomentava il Tribunale,di un bene la cui lesione non era suscettibile di valutazione economica e che non rientrava nel novero dei danni risarcibili perchè non si verteva in ipotesi di valori della persona dalla valenza costituzionale.

Su gravame dello S. la Corte di appello di Milano il 29 febbraio 2008 confermava la sentenza.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione lo S., affidandosi ad un unico motivo.

Resiste con controricorso la *****.

Motivi della decisione

Con l'unico motivo insufficiente ed incongrua motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) il ricorrente si duole che erroneamente il giudice dell'appello non avrebbe riconosciuto in capo a lui il diritto al tempo libero come vero e proprio diritto soggettivo, non riconducibile ai diritti della personalità tutelai dagli artt. 2 e 3 Cost., e non dotati di autonoma caratterizzazione, anche perchè, esaminando la domanda dell'attore, in parte qua, il giudice avrebbe rinvenuto, erroneamente, a suo avviso, una contraddizione, in quanto il criterio risarcitorio a tal fine si sarebbe basato sul valore dell'ora di lavoro maggiorato del 40%.

Questa, in estrema sintesi, la doglianza, con la quale si censura la sentenza anche per non avere determinato il danno secondo il disposto dell'art. 1226 c.c..

In punto di fatto, la richiesta di risarcimento per perdita del tempo libero riguarda la perdita di quattro ore di tempo libero da calcolare come ore di straordinario.

Osserva il Collegio che il motivo non merita accoglimento.

Al riguardo, va posto in rilievo che i diritti inviolabili dalla valenza costituzionale sono quelli non solo positivizzati, ma anche che emergono dai documenti sovranazionali, quali interpretati dai giudici nella loro attività ermeneutica.

Si tratta di diritti o interessi che l'ordinamento non solo riconosce, ma garantisce e tutela con efficacia erga omnes, proprio perchè fondanti la persona umana, che presenta una sua dignità, la quale fa da presupposto ineludibile per il loro esercizio e la loro attuazione.

Ciò posto, la normativa costituzionale da un lato, le norme della Convenzione Europea sui diritti dell'uomo, così come interpretati dalla Corte di Strasburgo, lo stesso Trattato di Lisbona con l'allegata - e giuridicamente vincolante - Carta di Nizza, la Carta sociale Europea aggiornata nel 1999, dall'altro, non consentono di ritenere il diritto al tempo libero come diritto fondamentale dell'uomo e, nella sola prospettiva costituzionale, come diritto costituzionalmente protetto e ciò per la semplice ragione che il suo esercizio è rimesso alla esclusiva autodeterminazione della persona, che è libera di scegliere tra l'impegno instancabile nel lavoro e il dedicarsi, invece, a realizzare il suo tempo libero da lavoro e da ogni occupazione.

Questa sua caratterizzazione di autonoma opzionalità lo distingue dai diritti inviolabili, che sono, di per sè, eccetto i limiti posti dalle leggi, che, comunque con essi si devono confrontare, pena la loro disapplicazione, diritti irretrattabili della persona,, perchè ne fondano la giuridica esistenza sia dal punto di vista della identità individuale che della sua relazionalità sociale.

Lo stesso inserimento nella Carta di Nizza dei diritti ricavati dalle Carte sociali adottate nell'ambito dell'Unione Europea e del Consiglio d'Europa - da tenere presenti anche dall'interprete interno, per l'apertura internazionalistica del nostro sistema- non prevede tra i diritti tutelati il "diritto al tempo libero", mentre rafforza il tempo impiegato nel lavoro, peraltro già oggetto di specifica tutela costituzionale.

Ciò posto in linea di pura teoria del diritto, va affermato che il richiamo all'autorevole sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte (S.U. n. 26972/08) non appare conferente per il caso di specie, anzi la decisione sembra rafforzativa della sentenza impugnata.

Infatti, sulla base delle argomentazioni svolte negli ultimi tempi dalla dottrina e dalla giurisprudenza, le Sezioni Unite riconoscono la tutela risarcitoria, oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di lesione di specifici diritti inviolabili della persona, e cioè in presenza di una ingiustizia costituzionalmente ed, aggiunge questo Collegio, internazionalmente riconosciuta e qualificata.

Invero, nella motivazione, le Sezioni Unite escludono ogni risarcibilità proprio per quello che il ricorrente definisce un problema che si manifesta con preoccupante frequenza nella vita quotidiana, per cui gli utenti sono costretti a trascorrere ore a stare in coda, tanto che sta assurgendo a causa primaria della oggettiva insufficienza di ogni giornata ad adempiere alle proprie incombenze lavorative (p.7 ricorso).

Infatti, il ricorrente invoca i fastidi della vita quotidiana che, per le Sezioni Unite integrano solo un attentato a diritti immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva, il diritto ad essere e vivere felici.

In questi casi, se non prevista dalla legge, la lesione di un tale "immaginario" diritto non è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale.

Quanto sopra osservato rende irrilevante l'assunto del ricorrente circa l'obbligo del giudice del merito di applicare l'art. 1226 c.c.: assunto, peraltro, infondato, perchè, come rileva la resistente, il ricorrente non ha neppure allegato e provato il danno eventualmente subito nelle quattro ore in cui non ha potuto godere, a suo dire, del c.d. diritto al tempo libero (v. S.U. n. 26972 cit.) ed anche nel ricorso non allega alcuna circostanza dell'effettivo danno.

Del resto, osserva il Collegio che la domanda del ricorrente si presenta contraddittoria.

Infatti, egli ha chiesto di determinare il danno sulla base del criterio dell'ora lavorativa maggiorata del 40%.

E su questo, corretta è la risposta dei giudice dell'appello, il quale qualifica la domanda come eventuale richiesta di perdita di chances, peraltro, mai oggetto di contraddittorio tra le parti.

Su questo capo della sentenza è suggestiva, dal punto di vista dialettico, la censura del ricorrente, con la quale egli evidenzia che tale richiesta fu fatta solo per valorizzare le ore del tempo libero, applicando la stessa maggiorazione prevista per le ore straordinarie.

Infatti, è evidente che l'eventuale risarcibilità del tempo libero non può nemmeno analogicamente essere riferita al valore delle ore di lavoro straordinario, per la contraddizione tra il suo elemento caratterizzante la libertà da ogni occupazione retribuita - e l'incremento patrimoniale voluto dal soggetto con il sottoporsi alle ore di lavoro straordinarie (v.p. 8 sentenza impugnata).

Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 600 di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.