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L'avvocatura? Una macchina lanciata verso il baratro, senza conducente

Materia: Attualità - Fonte: Renato Savoia - 28.03.2012
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Abstract: Qualche riflessione dopo il congresso nazionale forense straordinario di Milano




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[Aggiornamento: il collega Edoardo Ferraro di Padova mi informa dello "sciopero bianco" indetto dall'Ordine di Trani.
Questa è una iniziativa che ha un senso.
Personalmene ho chiesto formalmente all'Ordine di Verona di adottare la stessa misura. Vedremo.
Intanto credo che tutti gli Ordini si dovrebbero muovere in questo senso: altro che ridicole e dannose astensioni!]

* * *

Non ho partecipato al congresso nazionale forense straordinario di Milano del 23 e 24 marzo 2012.

A chi mi chiedeva il motivo, rispondevo: "perché sarà inutile".

A posteriori, avendolo comunque seguito, grazie ai colleghi presenti su twitter, e poi nei resoconti, devo dire che mi sbagliavo.

Infatti, ero troppo ottimista.

Perché non è stato solo un congresso inutile: è stato un congresso dannoso.

Per chi non avesse idea, considerato che sui media "generalisti" non ha avuto praticamente spazio può farsi un'idea dal Sole24Ore oppure cercando su twitter con l'hasthag #cnfs.

La linea che è uscita da Milano è stata quella di una avvocatura capace di dire solo NO.

Illuminante, a tal proposito, l'articolo uscito a firma di De Luca su Repubblica il 27/03, intitolato non a caso "Gli avvocati 'Signor No' contro le liberalizzazioni".

E sarebbe ancora niente, il dire NO, se non fosse stata addirittura approvata una mozione che prevede una referendum abrogativo della normativa sulla mediazione.

E già che ci siamo: perché non anche uno per abrogare il divorzio o il voto alle donne?

E' irrealistico anche il solo pensare che possa avere il benché minimo successo una siffatta iniziativa, anche solo dal punto di vista meramente pratico.

Senza dire, appunto, dell'immagine che ne esce, di chi sa solo dire di no e che pensa solo ai propri interessi.

Che poi, dire di no a qualsiasi riforma vuol dire, di sponda, far passare il messaggio che l'attuale giustizia (e mi riferisco in particolare a quella civile in questo momento) italiana va bene.

Il che è evidentemente demenziale.

Da questo punto di vista il fatto che il congresso abbia avuto un risalto NULLO è solo un bene, almeno il danno è limitato.

E' evidente a tutti, tranne che a parte dell'avvocatura, purtroppo quella che per ragioni di età sta ai vertici che il tribunale non è più la risposta.

Aggiungo una provocazione: bisognerebbe lasciare in tribunale solo i procedimenti speciali, separazioni e divorzi, sfratti, esecuzioni.

Le cause ordinarie non possono rimanere in tribunale.

E per un motivo molto semplice: le persone e  le aziende non possono più dover aspettare 3,4 anni (se non succedono intoppi) per una sentenza di primo grado.

Arrivo a dire (sempre in spirito provocatorio, sia chiaro) che il primo grado dovrebbe essere fatto fuori dai tribunali: che poi si tratti di un arbitrato, una mediazione, un tentativo di conciliazione avanti il parroco, una vattelapesca, si può discutere.

Ma credo che chiunque (privato o azienda) abbia diritto ad avere una soluzione, buona o cattiva, di una propria causa  nel giro al massimo di un anno.

Se poi non sta bene, si appella e allora si passa in tribunale.

Certo, sto fantascienziando.

Ma non si può negare che da cinquant'anni a questa parte la giustizia civile è andata in costante declino.

Perfino quando un minimo di investimenti venivano fatti.

Figuriamoci adesso che non abbiamo più nemmeno le lacrime per piangere...

Ma adesso la smetto di fantascienziare.

E dico cosa invece andrebbe fatto, dall'avvocatura, subito, immediatamente, prima che sia troppo tardi: si tratta di recuperare il rispetto, il prestigio, l'onore andato perduto.

E non per una cattiva sorte.

Ma perché non abbiamo saputo controllare la nostra categoria, che, con numeri sempre crescenti, si è inevitabilmente arricchita di mele marce, che non abbiamo saputo allontanare e che con i loro comportamenti hanno, giorno dopo giorno, e con il tacito consenso di tutti, me compreso e per primo, rovinato la categoria.

Com'è possibile che Striscia la notizia abbia trovato per un mese materiale su uno che se non fosse stato per loro sarebbe  ancora tranquillamente un avvocato?

Guardando a livello locale, come è possibile che un avvocato finito sul giornale della città a gennaio perché riconosciuto (con sentenza di Cassazione) colpevole di essersi appropriato di somme di clienti risulti ancora iscritto all'albo?

 E di questi esempi, in tutta Italia, ce ne sono decine, se non centinaia.

Certo andrebbe riformato l'impianto sanzionatorio,prevedendo un "consiglio di disciplina" i cui membri siano incompatibili con la carica di consigliere dell'Ordine, perché fino a oggi il codice deontologico è stato troppo spesso un randello per bastonare i non allineati e accarezzare "gli amici".

Naturalmente, lo so, quando dico questo vedo attorno a me sorrisi ironici, mezze battute del tipo “eh ormai cosa vuoi farci” oppure “ma non è questo il problema”.

Non sarà questo IL problema (ma è UN  problema):: il punto è che se vogliamo (e dobbiamo!) cercare di poter influire sulle modifiche al pianeta giustizia, la strada è quella di tornare in sintonia con quello che io chiamo “mondo reale”.

Altrimenti, è inevitabile che le nostre istanze saranno sempre prese, al di là dei numeri concreti, come quelle di una casta, volta all'indietro, preoccupata del cambiamento in quanto tale.

 E a chi non è convinto una domanda: mettiamo pure che io mi stia sbagliando (capita molte volte al giorno, quindi sarebbe solo una di più) continuare la strada percorsa fino ad ora dove ha portato?

Ah, non preoccuparti: la risposta io la so già, e proprio per questo dico che è ora di cambiare, e di provare a fermare la macchina.

Non è cosa che si fa in due giorni, ma d'altra parte a non cominciare mai si può stare sicuri che non cambierà mai niente.


Dimenticavo: l'alternativa è raccontarsi la storiella dell'unità dell'avvocatura, dell'importanza di questo congresso, e bla bla bla.
 
Grazie, ma io no.
 
 
 
 
 
 
                                                                                Renato Savoia