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La cassetta di Jannacci
Materia: Attualità - Fonte: Renato Savoia - 29.03.2013 Condividi su Facebook |
Venerdì Santo, le ventidue e quarantacinque circa. Appena uscito a un palazzetto dello sport dove ho appena visto la squadra per cui tifo perdere a basket, e piove come quasi sempre negli ultimi quindici giorni. Mentre cammino verso casa con un gesto oramai meccanico prendo lo smartcoso, per guardare facebook e twitter. Tutti e due i social network sono monopolizzati, anzichè dalla politica, da video e messaggi riguardanti la morte di Enzo Jannacci. Un tuffo al cuore. Lo conoscevo? No, cioè sì, ma non di persona. Perchè allora questa reazione? Bisogna andare indietro negli anni, diciamo una trentina, e parlare d'altro. Non posso onestamente dire che mio padre fosse esatttamente un appassionato di musica: semmai nel corso degli anni è capitato che sia stato io a fargli conoscere qualche cantante (tipo Fats Domino) o qualche gruppo (tipo i Simple Minds). Però. C'è un però. E quel però è Enzo Jannacci. Perchè io ricordo, potrei dire da sempre, che in casa c'erano due cassettine proprio di Enzo Jannacci. Ricordo che le prime volte che me lo fece ascoltare, a me non piaceva proprio (d'altra parte non era una cantautore "per bambini"). Oh certo, faceva eccezione "Vengo anch'io. No, tu no. Ma perché? Perché no!". Di lì a poco, crescendo, imparai ad aprezzare anche molti altri pezzi, oltre al "personaggio" Jannacci, con quel suo gusto per il nonsense, le frasi smozzicate, lasciate lì... E per me, ogni volta che sentivo la sua voce, la memoria andava a quelle immagini, piccine, delle due casette, in particolare una, lui, con gli occhiali, vicino a una macchina, su quella che, per me bambino, era in tutto e per tutto una cassetta "di papà". E così, in poche e sciupate righe, sono malamente arrivato al tuffo al cuore di poco fa, quando ho letto "Enzo Jannaci è morto". Che a me piace pensare che sia solo andato momentaneamente di là, a vedere di nascosto l'effetto che fa.