Unica notifica al procuratore di più parti: cass. S.U. 29290 del 15/12/08 - Avvocato Renato Savoia - Verona
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    13.01.2009

    Unica notifica al procuratore di più parti: cass. S.U. 29290 del 15/12/08

    Cass s.u. 29290 del 15/12/08 sancisce il principio della validità della notifica di un\'unica copia dell\'atto di impugnazione al procuratore costituito per più parti. Viene superato il principio, sancito da Cass. S.U. 9859 del 10/10/07 che parlava invece, di nullità di tale notifica.
    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    SEZIONI UNITE CIVILI
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
    Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente
    Dott. VELLA Antonio - Presidente di Sezione
    Dott. TRIOLA Roberto Michele - Consigliere
    Dott. CICALA Mario - rel. Consigliere
    Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere
    Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere
    Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere
    Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere
    Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere
    ha pronunciato la seguente:
    sentenza
    sul ricorso proposto da:
    MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore,
    AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in
    ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
    li rappresenta e difende ope legis;
    - ricorrenti -
    contro
    L.A., L.M., elettivamente domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE PRATI 17, presso lo studio
    degli avvocati LUIGI e ANDREA DELLI PAOLI, rappresentati e difesi dagli avvocati
    VALENTINO PASQUALE, ALFONSO FALCONE, giusta delega in atti;
    - controricorrenti -
    e contro
    L.E., + ALTRI OMESSI - intimati -
    e sul 2^ ricorso n 32262/02 proposto da:
    L.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELL'ORSO 74, presso lo studio dell'avvocato
    PAOLO DI MARTINO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
    - controricorrente e ricorrente incidentale -
    contro
    MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;
    - intimati -
    e contro
    L.M., + ALTRI OMESSI - intimati a cui non risulta la notifica del ricorso -
    avverso la sentenza n. 492/52/00 della Commissione tributaria regionale di NAPOLI, depositata il
    26/09/01;
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/06/08 dal Consigliere Dott. Mario
    CICALA;
    uditi gli avvocati Maria Letizia GUIDA dell'Avvocatura Generale dello Stato, Pasquale
    VALENTINO;
    udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha
    concluso per l'inapplicabilità al processo davanti le Commissioni tributarie dell'art. 330 c.p.c., con
    conseguente nullità della relativa notifica e applicabilità dell'art. 291 c.p.c.; tale norma deve trovare
    applicazione anche in caso di notifica a più soggetti attuate mediante consegna di una sola copia;
    accoglimento del ricorso.
    Svolgimento del processo
    1. La controversia concerne l'impugnativa proposta dai contribuenti, nella loro qualità di eredi di
    La.El., avverso l'avviso di accertamento con cui l'Ufficio del Registro di Napoli rettificava i valori
    dichiarati nella denuncia di successione.
    Il ricorso era accolto in primo grado e l'appello veniva dichiarato “improcedibile” (rectius:
    inammissibile), con sentenza n. 492/52/00 del 26 settembre 2001 della Commissione Tributaria
    Regionale della Campania, per essere stata l'impugnazione notificata al procuratore costituito di una
    pluralità di parti mediante consegna di una sola copia.
    Avverso tale sentenza l'amministrazione ricorre per cassazione con tre motivi. Resistono con
    controricorso gli intimati L.A., L.M. e L.C., la quale propone anche ricorso incidentale condizionato
    con unico motivo.
    Gli altri intimati non si sono costituiti, nonostante anche nei loro confronti, attraverso più atti di
    integrazione del contraddittorio e di rinnovazione della notifica, si sia alla fine perfezionato il
    processo notificatorio dell'impugnazione.
    Con atto notificato il 15 aprile 2004, l'amministrazione ricorrente. preso atto che la controricorrente
    e ricorrente incidentale L.C. ha rinunciato all'eredità ha dichiarato di rinunciare al ricorso nei soli
    confronti di quest'ultima, “salva ed impregiudicata l'impugnazione nei confronti di tutti gli altri
    intimati”, nei cui confronti dovevano "ritenersi confermate le rassegnate conclusioni". Con atto
    notificato il 20 maggio 2004, la controricorrente e ricorrente incidentale in questione ha dichiarato
    di accettare la rinuncia e di rinunciare a sua volta al ricorso incidentale.
    La controversia veniva a decisione avanti alla sezione tributaria di questa Corte il 7 magio 2007.
    Con ordinanza 14354 del 20 giugno 2007 la sezione tributaria dichiarava l'estinzione del processo
    nei confronti della sig.ra L.C.. Mentre con ordinanza n. 14365 sempre del 20 giugno 2007 la
    sezione rappresentava al Primo Presidente l'opportunità di devolvere alle Sezioni Unite il contrasto
    formatosi nell'ambito della Sezione e relativo alla applicabilità nel processo tributario dell'art. 330
    c.p.c., nella parte in cui dispone la eseguibilità della notifica dell'impugnazione "presso il
    procuratore costituito; nonchè l'opportunità di devolvere alle Sezioni Unite la questione di
    particolare importanza di decidere se alla luce del principio (costituzionalmente asseverato) della
    ragionevole durata del processo che sollecita una riduzione all'essenziale delle ipotesi di nullità per
    "vizi formali" e della doverosa ispirazione di un efficiente sistema di giustizia ad una collaborazione
    tra giudicante e procuratore costituito in finzione di una sollecita definizione della controversia -
    non si debba affermare la validità della notifica di un'unica copia dell'atto a mani del procuratore
    costituito in rappresentanza di una pluralità di parti. Ciò tanto più ora che la Corte Europea dei
    diritti dell'uomo ha riconosciuto al giudice nazionale il potere - dovere di estendere i diritti sanciti
    nell'art. 111 Cost., al contribuente, in tutti i procedimenti di competenza del giudice tributario,
    secondo un criterio guida che imporrebbe di applicare sempre ai cittadini lo standard più elevato di
    tutela dei diritti".
    Il Primo Presidente rimetteva entrambe le questioni alle Sezioni Unite e la controversia, veniva a
    decisione all'udienza del 10 giugno 2008.
    La Amministrazione ha depositato memoria. Hanno depositato memoria anche A. e L.M.,
    sostenendo che nel caso di specie si sarebbe realizzata l'omessa notifica nei confronti di una parte
    dei contribuenti.
    Motivi della decisione
    2. Si deve preliminarmente osservare che nella memoria i contribuenti non distinguono il vizio che
    avrebbe investito la notifica dell'atto di appello da quello che avrebbe riguardato la notifica dei
    ricorso per cassazione.
    L'atto di appello risulta notificato in unica copia al difensore di tutte le parti. Mentre il ricorso di
    cassazione è stato originariamente notificato in 24 copie al difensore di sole due parti; le successive
    notifiche hanno però integrato il contraddittorio, per cui il ricorso può senz'altro essere deciso.
    Tra i motivi di ricorso proposti dall'amministrazione assume valore assorbente il primo, con il quale
    si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 160, 170, 330, 331, e 350 c.p.c., per aver la
    sentenza impugnata dichiarato inammissibile e improcedibile l'appello dell'Ufficio in quanto
    notificato in una sola copia ai procuratori costituiti, nonostante la pluralità dei destinatari.
    Infatti, non avendo la Commissione tributaria regionale esaminato il merito della causa, risolvendo
    il giudizio con la dichiarazione di improcedibilità (rectius: inammissibilità) dell'appello,
    l'accoglimento del primo motivo di ricorso impone comunque il rinvio della causa al giudice di
    secondo grado. Vero è che la sentenza impugnata ha anche affermato che “ad ogni buon conto,
    questa Commissione condivide l'integrale motivazione con cui la Commissione provinciale di
    primo grado ha annullato l'avviso di accertamento”. Ma, come hanno statuito le Sezioni Unite di
    questa Corte, una siffatta pronuncia deve ritenersi emessa in assenza di potestas indicandi, dato che
    il giudice se ne è spogliato, con riferimento al merito della controversia, a seguito della
    dichiarazione di inammissibilità dell'appello: con la conseguenza che deve ritenersi “ammissibile
    l'impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale” e viceversa “inammissibile, per
    difetto di interesse, l'impugnazione nella parte in cui pretenda (come nel caso di specie può dirsi con
    riferimento al secondo motivo di ricorso) un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito,
    svolta ad abundantiam nella sentenza gravata” (Cass. S.U. nn. 3840 e 8087 del 2007).
    L'Amministrazione sostiene che, essendosi nella specie eseguita la notifica dell'impugnazione
    mediante la consegna di una sola copia ad un unico procuratore costituito per una pluralità di parti,
    il giudice di merito non avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità dell'appello; invece, trovandosi
    di fronte ad una ipotesi di nullità (e non di inesistenza) della notificazione, avrebbe dovuto
    ordinarne la rinnovazione. La sezione tributaria ha però prospetto alle Sezioni Unite l'ulteriore
    valutazione se non possa ritenersi pienamente valida la notifica dell'impugnazione eseguita
    mediante la consegna di una sola copia (o di un numero di copie insufficienti) all'unico procuratore
    costituito per una pluralità di parti.
    Per affrontare tale quesito, occorre risolvere preliminarmente la questione. anch' essa ritenuta “di
    massima di particolare importanza”. relativa alla, applicabilità nel processo tributario della
    disposizione di cui all'art. 330 c.p.c., in particolare nella parte in cui dispone l'eseguibilità della
    notifica dell'impugnazione “presso il procuratore costituito”.
    Il problema si pone perchè una sentenza della Corte (Cass. Sez. Trib. n. 12098 del 2007) ha assunto,
    in proposito, una posizione negativa, escludendo l'applicabilità nel processo tributario dell'art. 330
    c.p.c., mentre altra pronuncia della medesima Sezione (sia pur per implicito, facendo applicazione
    della citata, norma del codice di rito) ha assunto una posizione positiva (Cass. Sez. Trib. n. 8972 del
    2007).
    La tesi negativa poggia sostanzialmente su due argomenti: a) la specialità (e, quindi, la prevalenza
    sulla citata norma del codice di rito) della disposizione dettata per il processo tributario, in ordine ai
    "luoghi della notificazione", dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, che prescrive (per i
    sostenitori di questa tesi, anche per il secondo grado dei giudizio) che le notificazioni debbano
    eseguirsi, “salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o
    nella sede dichiarata dalla parte all'atto della sua costituzione in giudizio”; b) il fatto che il
    medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, imponga nel processo tributario l'”assistenza tecnica” di
    un soggetto qualificato, ma non preveda che "il difensore" sia, come nel processo civile,
    "procuratore ad litem", circostanza che escluderebbe l'applicabilità di quelle disposizioni del codice
    di rito, come l'art. 330 c.p.c., che privilegiano il ruolo del "procuratore" sul ruolo del "difensore".
    Questa tesi deve per altro essere superata attraverso un diverso duplice ordine di argomentazioni a)
    la previsione di cui all'art. 17, del citato decreto costituisce eccezione alla sola disposizione di cui
    all'art. 170 c.p.c., per le notificazioni endoprocessuali: mancando dunque per la notifica degli atti di
    impugnazione una disposizione specifica, deve trovare applicazione quella prevista dall'art. 330
    c.p.c., ai sensi e per gli effetti di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 49; b) nella
    previgente disciplina del "contenzioso tributario" dettata dal D.P.R. n. 636 del 1972, l'esistenza di
    una disposizione di contenuto analogo a quella di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, cioè dell'art.
    32 bis, a norma del quale “le comunicazioni e le notificazioni (erano) eseguite, salva consegna in
    mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza dichiarata dalla parte nel suo
    primo atto, fino al decimo giorno successivo a quello in cui sia stata presentata o sia pervenuta alla
    segreteria della commissione la comunicazione di variazioni”, non aveva creato ostacolo
    all'applicabilità dell'art. 330 c.p.c..
    Su questa linea si era, del resto, esplicitamente collocata una pale della giurisprudenza di questa
    Corte, affermando che il ricorso dell'ufficio alla Commissione tributaria centrale doveva ritenersi
    “ritualmente notificato alla parte presso il procuratore legale” che l'avesse “rappresentata nel
    giudizio di secondo grado”, ancorchè non vi fosse stata elezione di domicilio, così come consentito
    dall'art. 330 c.p.c., norma non derogata da alcuna disposizione speciale del contenzioso tributario,
    disciplinato dal D.P.R. n. 636 del 1972, (Cass. n. 4468 del 1987). Quest'ultimo punto valorizza un
    ulteriore argomento che può trarsi dall'art. 30, comma 1, della Legge Delega per la riforma del
    "contenzioso tributario" (L. n. 413 del 1991), la cui lett. g), colloca tra i principi - guida
    l'adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile: in questa prospettiva
    sarebbe davvero singolare che nel quadro di una disciplina che dovrebbe "armonizzarsi" con le
    disposizioni sul processo civile trovassero spazio dubbi sull'applicabilità dell'art. 330 c.p.c., che non
    insorgevano nel vigore della precedente disciplina che dal sistema processualcivilistico era (dallo
    stesso legislatore) ritenuta distante. Piuttosto appare maggiormente credibile, e più
    costituzionalmente conforme, la lettura delle norme processualtributarie in una trama di continuità
    con le norme del processo civile capace di colmare ogni possibile lacuna.
    Anche l'argomento tratto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, appare superabile in quanto la norma,
    se pur prevede come obbligatoria la (sola) assistenza tecnica, non esclude che la parte possa
    (validamente) affidare al proprio difensore (anche) l'incarico di rappresentarla in giudizio come
    "procuratore ad litem" (con la differenza, rispetto al processo civile, che tale rappresentanza è, nel
    processo tributario, di carattere facoltativo). Peraltro, si può rilevare che la giurisprudenza della
    Corte ha ritenuto applicabile nel processo tributario le disposizioni di cui all'art. 83 del codice di
    procedura civile (ad es. Cass. Sez. Trib. n. 3537 del 2002).
    In questa prospettiva si può concludere che nell'ipotesi, verificatasi nel caso di specie, che un
    siffatto "incarico" sia stato conferito dalla parte al proprio difensore, non sussiste alcun ragionevole
    ostacolo a ritenere valida. ai sensi del art. 330 c.p.c., la notifica dell'appello “presso il procuratore
    costituito” (l'applicabilità nel processo tributario dell'art. 330 c.p.c., è affermata dalle sentenze di
    questa Corte n. 18861 del 7 settembre 2007 e n. 21161 del 6 agosto 2008).
    3. La soluzione in precedenza accolta consente d prendere in esame la questione della notifica
    dell'impugnazione eseguita mediante la consegna di una sola copia al procuratore costituito per una
    pluralità di parti, allo scopo di verificare se non debbano essere rimeditate le scelte sin qui operate
    dalla giurisprudenza della Corte.
    Come noto, la posizione di questa Corte appare attualmente consolidata nell'opinione accolta dalle
    Sezioni Unite con la sentenza n. 9859 del 10 ottobre 1997, secondo cui “la notificazione dell'atto di
    impugnazione a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di una sola copia
    o di un numero di copie inferiori rispetto alle parti cui l'atto è destinato, non è inesistente, ma nulla
    (cfr. ad esempio le sentenze di questa Corte n. 1574 del 24 gennaio 2007 e 4 aprile 2006, n. 7818);
    il relativo vizio può essere sanato, con efficacia ex tunc, o con la costituzione in giudizio di tutte le
    parti, cui l'impugnazione è diretta, o con la rinnovazione della notificazione da eseguire in un
    termine perentorio assegnato dal giudice a norma dell'art. 291 c.p.c., con la consegna di un numero
    di copie pari a quello dei destinatari, tenuto conto di quella o di quelle già consegnate; con la
    conseguenza che qualora il giudice abbia dichiarato l'inammissibilità del gravame, la Corte di
    Cassazione, investita della questione, deve cassare la decisione impugnata, con rinvio allo stesso
    giudice, perchè decida nel merito il giudizio d'impugnazione, qualora in tale giudizio tutte le parti si
    fossero costituite, a prescindere dal momento in cui la costituzione sia avvenuta, o perchè assegni
    all'appellante un termine perentorio per la rinnovazione della notificazione dell'atto
    d'impugnazione”.
    Le Sezioni Unite, non hanno, in passato, ritenuto di poter affermare la validità tout court della
    notifica dell'impugnazione in unica copia presso il procuratore costituito per una pluralità di parti,
    giudicando che a tanto ostasse: a) l'inapplicabilità della disposizione di cui all'art. 170 c.p.c., comma
    2, che consente la consegna di un sola copia dell'atto, anche se il procuratore è costituito per più
    parti, perchè la stessa si riferirebbe solo alle notificazioni e comunicazioni che avvengono nel corso
    del procedimento, senza alcuna possibilità di estenderlo alla diversa ipotesi della notificazione
    dell'impugnazione; b) il fatto confermativo della inapplicabilità al regime dell'impugnazione della
    ricordata disposizione di cui all'art. 170 c.p.c., comma 2, che l'art. 285 c.p.c., in tema di
    notificazione della sentenza, richiami l'art. 170, soli commi 1 e 3; c) il fatto che nella notifica
    dell'impugnazione il procuratore non è qualificabile come destinatario dell'atto, ma solo come
    consegnatario dello stesso, deponendo in tal senso la diversa formulazione dell'art. 170 c.p.c.,
    comma 1, rispetto a quella dell'art. 330 c.p.c., comma 1: “mentre nella prima ipotesi il procuratore
    costituito è il destinatario dell'atto (le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore
    costituito), nella seconda ipotesi è solo un consegnatario dello stesso (l'impugnazione... si notifica
    presso il procuratore costituito)”; d) l'irrilevanza del fatto che, “in determinate fattispecie, sia valida
    la notifica effettuata in modo diverso come in tema di notifica per pubblici proclami o secondo le
    modalità indicate dal giudice o di notifica agli eredi in forma impersonale e collettiva”: siffatta
    circostanza, secondo le Sezioni Unite, “se può rilevare al fine di escludere che la consegna di una
    copia dell'atto per ogni destinatario costituisca elemento imprescindibilmente caratterizzante la
    notificazione, non consente di ritenere valida la notifica dell'impugnazione mediante consegna di
    una sola copia, in ipotesi diverse da quelle espressamente previste”.
    Questa soluzione, che ha avuto il pregio di aver correttamente riportato il discorso nel quadro delle
    ipotesi di nullità della notificazione (e non della citazione per inesistenza della notificazione), ha,
    fino ad oggi, costituito il punto di riferimento della giurisprudenza della Corte in materia.
    Il Collegio ritiene però che la posizione esposta sia superata alla luce del principio (recepito nella
    Costituzione) della ragionevole durata del processo. che sollecita una riduzione all'essenziale delle
    ipotesi di nullità per "vizi formali" - e della doverosa collaborazione tra giudicante e procuratore
    costituito in funzione di una sollecita definizione della controversia. Tanto più che la Corte Europea
    dei diritti dell'uomo ha riconosciuto al giudice nazionale il potere-dovere di estendere i diritti sanciti
    nell' art. 111 Cost., in tutti i procedimenti di competenza del giudice tributario, secondo un criterio
    guida che imporrebbe di applicare sempre ai cittadini lo standard più elevato di tutela dei diritti
    (Grand. Chamber, 23 novembre 2006, Jussila vs. Finland).
    In questa prospettiva di carattere generale, si apre lo spazio per un più approfondito ripensamento
    degli argomenti utilizzati nel 1997 dalle Sezioni Unite per verificarne la "capacità di resistenza"
    anche alla luce del successivo atteggiarsi della giurisprudenza della Corte.
    Invero l'orientamento giurisprudenziale formatosi a seguito della ricordata pronuncia delle Sezioni
    Unite non è stato sempre saldamente coerente con i principi allora affermati.
    Nonostante le Sezioni Unite avessero abbandonato l'idea che la nullità della notifica
    dell'impugnazione con la consegna di un sola copia (o di un numero di copie insufficienti) al
    procuratore costituito per una pluralità di parti derivasse dalla circostanza (attinente in verità ad una
    ipotesi di nullità della citazione) che in tal modo vi fosse incertezza sul destinatario, è stato ribadito,
    anche di recente, che “nel caso di notificazione di un atto a più persone, presso il difensore
    domiciliatario, allorquando dalla relazione risulta che il numero delle copie consegnate a
    quest'ultimo corrisponde al numero delle persone destinatane dell'atto medesimo, non è necessario
    che siano indicati i cognomi e i nomi dei singoli destinatari, non potendo sorgere, dalla detta
    omissione, alcuna incertezza sull'effettiva destinazione di una copia dell'atto a ciascuna delle
    persone destinatane della notificazione” (Cass. n. 21643 del 2005). Questa pronuncia riprende la
    posizione espressa da Cass. n. 4606 del 1990 (già ricordata) e ripropone, esaltando il "criterio
    quantitativo", una riflessione sulla unicità per tutte le parti del processo di notificazione e sulla
    possibile competenza del procuratore costituito a specificare l'identità del destinatario di ogni
    singola copia, con la conseguente perplessità sulla qualificazione del procuratore costituito come
    "mero consegnatario" della copia notificata.
    Inoltre, nel linguaggio comunemente utilizzato sia in sede di massimazione, sia in sede di redazione
    delle sentenze, si è fatto spesso uso indifferentemente delle locuzioni "notifica al procuratore
    costituito" e "notifica presso il procuratore costituito", in funzione sinonimica l'una dell'altra e
    viceversa, riducendo inevitabilmente lo spessore di significato che le Sezioni Unite vollero
    attribuire all'una e all'altra delle predette espressioni al fine di escludere la possibile validità della
    notifica dell'impugnazione mediante consegna di unica copia al procuratore di più parti.
    Quel che è certo è che la differenza di significato attribuita dalle Sezioni Unite, nella ricordata
    pronuncia del 1997, alle due citate espressioni nello schema normativo di cui all'art. 170 c.p.c., ove
    il procuratore costituito sarebbe il destinatario dell'atto (e tanto spiegherebbe la sufficienza della
    consegna al medesimo di una sola copia, anche se egli rappresenti una pluralità di parti) e in quello
    di cui all'art. 330 c.p.c., ove il procuratore costituito sarebbe il consegnatario dell'atto (e tanto
    spiegherebbe la necessità della consegna al medesimo di più copie, laddove egli rappresenti mia
    pluralità di parti), potrebbe apparire in contraddizione con l'argomento tratto dalle medesime
    Sezioni Unite dalla formulazione dell'art. 285 c.p.c., in ordine alla notificazione della sentenza.
    Invero, non può esservi dubbio sul fatto che l'art. 285 c.p.c., espressamente, prevede l'applicabilità
    alla notificazione della sentenza dello schema normativo di cui all'art. 170 c.p.c., qualificando così
    ineludibilmente il procuratore costituito come destinatario (e non mero consegnatario) della notifica
    (v. ad es. Cass. n. 8169 del 2004): e dunque non avrebbe alcun senso che quanto stabilito dall'art.
    170 c.p.c., assumesse un altro (assai differente) significato una volta che quella stessa disposizione
    fosse letta nel contesto dell'art. 285 c.p.c., nulla essendovi in quest'ultima norma che autorizzi un
    simile stravolgimento interpretativo.
    Peraltro, la stessa ratio per la quale la disposizione di cui all'art. 285 c.p.c., individua nel
    procuratore costituito il destinatario della notifica della sentenza rende evidente come sia puro
    formalismo distinguere tra notifica effettuata al procuratore costituito e notifica effettuata presso il
    medesimo procuratore: ed infatti, questa Corte non ha mancato di rilevare che “ai fini della
    decorrenza del termine breve per l'impugnazione, la notificazione della sentenza alla parte presso il
    procuratore costituito deve considerarsi equivalente alla notificazione al procuratore stesso, ai sensi
    dell'art. 285 c.p.c., poichè entrambe le forme di notificazione soddisfano l'esigenza di assicurare che
    la sentenza sia portata a conoscenza della parte per il tramite del suo rappresentante processuale,
    professionalmente qualificato a vagliare l'opportunità dell'impugnazione” (Cass. n. 5998 dei 1994;
    v. nello stesso senso Cass. nn. 7818 del 1997; nn. 666 e 10602 del 1998; n. 5449 del 2000; n. i4652
    del 2001; n. 11257 del 2004; n. 24795 del 2005).
    Orbene se questa è, come è indubbio che lo sia, la ratio dell'individuazione normativa del
    procuratore costituito come destinatario della notificazione della sentenza, v'è da escludere che la
    funzione assolta dal procuratore costituito, cosi valorizzata dall'ordinamento, possa in qualche modo
    accrescerà o diminuire secondo il numero delle copie che allo stesso siano consegnate quando egli
    rappresenti una pluralità di parti. A meno che tale ragione non la si voglia trovare in un dato tutto
    formale, costituito dal mancato richiamo nell'art. 285 c.p.c., della disposizione di cui all'art. 170
    c.p.c., comma 2. La dottrina, tuttavia, ha evidenziato che l'art. 285 del codice di procedura civile
    coerentemente richiama il primo ed l'art. 170 c.p.c., comma 3, perchè ivi è stabilita quale debba
    essere la forma delle notificazioni (e delle comunicazioni) successivamente alla costituzione in
    giudizio a seconda che la pane si sia costituita a mezzo di procuratore (comma 1) o personalmente
    (comma 2). L'art. 170 c.p.c., comma 2, non costituirebbe cioè una disposizione autonoma in senso
    proprio, bensì una specificazione della forma di notificazione sancita nel comma 1: se la notifica
    deve essere eseguita al procuratore costituito essa si esegue mediante la consegna di una sola copia
    anche se il procuratore rappresenti una pluralità di parti.
    Si tratta solo di una modalità di esecuzione di quella particolare forma di notificazione che è la
    "notifica al procuratore costituito", un indubbio elemento di semplificazione del sistema che replica
    sul piano processuale la rappresentanza sostanziale rispetto alla quale non si è dubitato della validità
    della notifica di una sola copia al soggetto che rappresenti una pluralità di parti (v. Cass. un. 20140
    del 2005; 11352 del 2003; 4529 del 2001). Sicchè una interpretazione sistematica della norma che
    impone di leggere l'art. 170 c.p.c., commi 1 e 2, come se fossero (e come realmente sembrano
    essere) espressione di un'unica disposizione - ben consente di ritenere valida (ed efficiente ai fini
    della decorrenza del termine breve per l'impugnazione nei confronti di tutte le parti rappresentante)
    la notifica della sentenza eseguita in unica copia al procuratore costituito che rappresenti una
    pluralità di parti.
    Nemmeno la formulazione letterale dell'art. 330 c.p.c., è incompatibile con una simile conclusione.
    Invero, questa Corte ha affermato - smentendo così che il procuratore costituito possa essere
    considerato, rispetto alla notifica dell'impugnazione, come un mero consegnatario - che l'art. 330
    c.p.c., nel prevedere che l'impugnazione deve essere notificata presso il procuratore costituito, “non
    contiene una mera indicazione del luogo di notifica, ma identifica nel detto procuratore il
    destinatario di essa in forza di una proroga ex lege dei poteri conferitigli con la procura alle liti per
    il giudizio a quo” (Cass. nn. 11402 del 1992; 291 del 1995; 12102 del 1998; 17299 del 2005; 7631
    del 2006, in motivazione).
    Appare questa una conferma, sotto un diverso profilo, di quell'orientamento, già ricordato, secondo
    il quale, ai fini della validità della notificazione al procuratore costituito che rappresenti una
    pluralità di parti, è sufficiente che a quest'ultimo venga consegnato un numero di copie
    corrispondente al numero delle parti rappresentate (criterio quantitativo), senza che sia necessaria
    l'identificazione specifica nella relata di ciascuna delle parti: è evidente che presupposto di tale
    affermazione sia l'idea che il procuratore costituito sia un quid pluris di un mero consegnatario, dato
    che spetterebbe ad esso (e non al notificante) specificare le singole parti cui l'atto è diretto. Un
    compito che il procuratore costituito stante, da un lato, lo sviluppo dei mezzi di riproduzione, e,
    dall'altro, l'inderogabile obbligo che egli ha di fornire informazioni al proprio assistito sullo
    svolgimento e sull'esito del processo può ben assolvere anche nel caso gli sia consegnata un'unica
    copia dell'impugnazione. Ritenere che in caso di consegna di un'unica copia sia necessaria una
    rinnovazione della notifica, appare, quindi, in questo quadro "nuovo", puro formalismo (peraltro,
    non imposto dalla norma) in contrasto con le esigenze di efficienza e semplificazione, le quali
    impongono di privilegiare interpretazioni coerenti con la finalità di rendere giustizia in un tempo
    ragionevole (v. per la necessità di superare formalismi ostativi all'istanza di giustizia secondo il
    principio del giusto processo, Cass. nn. 24856 del 2006; S.U. 13916 del 2006; 23220 del 2005;
    10963 del 2004). Ancor più perchè l'ordinamento sembra, in linea generale, privilegiare l'idea che
    meglio possa essere tutelato il diritto di difesa del cittadino se gli atti processuali pervengano nella
    sfera di conoscenza di chi abbia la competenza tecnica per suggerire le azioni da adottare.
    Si deve quindi ribadire in relazione allo specifico caso di specie l'orientamento espresso con la
    sentenza di questa Corte n. 1540 del 24 gennaio 2007 secondo cui il principio costituzionale della
    ragionevole durata del processo deve ritenersi rivolto non soltanto, in funzione acceleratoria, al
    giudice quale soggetto processuale ma anche e soprattutto al legislatore ordinario ed al giudice
    quale interprete della norma processuale (in quanto una lettura "costituzionalmente orientata" delle
    norme che regolano il processo non può prescindere dal principio in esame, che esprime un canone
    ermeneutico valevole per ogni disciplina processuale) e - in ogni caso - rivolto a tutti i protagonisti
    del processo (ivi comprese le parti, che, specie nei processi caratterizzati da una difesa tecnica,
    devono responsabilmente collaborare per lo scopo della ragionevole durata), senza che la mancata
    applicabilità della disciplina in materia di equa riparazione al processo tributario possa indurre ad
    escludere che il precetto sancito dal novellato art. 111 Cost., sia applicabile anche al processo
    tributario (così come già affermato da questa Corte in relazione alla estensione al processo tributario
    del c.d. principio di non contestazione).
    P.Q.M.
    La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione
    della CTR Campania che deciderà anche in ordine alle spese del presente grado di giudizio.
    Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 10 giugno 2008.
    Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2008