In questa vicenda processuale che trae spunto dalla paralisi del braccio destro subita da un minore come esito di un parto, nel cassare la sentenza di secondo grado la Terza Sezione ribadisce tre principi:
1) a proposito della liquidazione del danno morale del minore nella metà del danno biologico boccia tale metodo di quantificazione giudicandolo non idoneo a consentire la maggiore approssimazione possibile all'integrale risarcimento e ricordando che
i criteri di liquidazione adottati dal giudice debbono essere pertanto idonei a garantire la c.d. personalizzazione del danno
2) per quanto concerne il danno non patrimoniale della madre, premesse le affermazioni che
il danno, anche in caso di lesione di valori della persona, non può considerarsi in re ipsa
e che tutti i danni extracontrattuali (incluso il danno non patrimoniale) devonoessere provati da chi ne pretende il risarcimento
e la prova può essere data con ogni mezzo.
Inoltre, trattandosi di
pregiudizio (non biologico) a bene immateriale, particolare rilievo assume peraltro la prova presuntiva.
3) Viene inoltre confermato che
il danno non patrimoniale iure proprio del congiunto, è ristorabile non solo in caso di perdita ma anche di mera lesione del rapporto parentale e ove il danneggiato abbia come nella specie allegato sia il fatto base della normale e pacifica convivenza del proprio nucleo familiare sia che le gravi lesioni subite dal proprio congiunto all'esito del fatto/evento lesivo hanno comportato una sofferenza inferiore tale da determinare un'alterazione del proprio relazionarsi con il mondo esterno, inducendolo a scelte di vita diverse, incombe al danneggiante dare la prova contraria idonea a vincere la presunzione della sofferenza interiore, così come dello "sconvolgimento esistenziale" riverberante anche in obiettivi e radicali scelte di vita diverse